CI SONO CANZONI CHE FANNO VOLARE CON LA MENTE

CI SONO CANZONI CHE FANNO VOLARE CON LA MENTE

CI SONO CANZONI CHE FANNO VOLARE CON LA MENTE

Oxford Brogue

XVI – V – MMXVII

Ci sono canzoni che, come si, sa fanno volare con la mente.

Fanno tornare indietro nel tempo. Le storie che raccontano sembrano a volte le nostre.

Ed io, ascoltandone alcune, torno con la memoria al giorno che incrociai nella mia strada un’ amica. Storie diverse ma accumunati da anima e cuore. Ci si confida raramente ma a volte accade che per sensazione o visione astrale entri in sintonia con quella persona.

Da quel momento ci si iniziava a sentire spesso. Racconti, storie, sfoghi dell’anima. E poi iniziai a scrivere per lei nel suo splendido portale.

Ma un giorno ci allontanammo, non per screzi o litigi, ma per scelte di cammino diverso, che ci ha spostato il baricentro dell’amicizia in secondo piano per vari motivi, vuoi anche nostri personali.

Ma i pensieri volano. L’amicizia va oltre ad ogni barriera.

E anche se presi da frenesia lavorativa,  nuovi incontri e nuove compagnie, la lealtà ed il rispetto la faranno sempre da padrone.

Ci si sente, di rado, ma ci si sente. Ci si sostiene con parole di conforto reciproco quando qualcosa va storto. Ci si promette anche un caffè come capitava una volta.

Ma la distanza ed il lavoro a volte ci blocca.

Una promessa le feci.

Un pensiero serio ancora in esclusiva per il suo portale. E questo è il mio ringraziamento.

Di una persona che tramite lei ha aperto gli occhi su strade percorse.Una persona luminosa.

Da lei ho avuto insegnanti di vita. Ha avuto del tempo per me. Ed il tempo non ha prezzo.

I miei migliori racconti sono nati lì, nel suo mondo virtuale. E ricorderò sempre il racconto fatto su due ragazzi e la loro madre incontrati per caso in una zona di New York.

La vita insegna sempre.

Insegna a vivere con il sorriso anche se spesso non si riesce nemmeno ad alzare gli occhi per guardare le persone. Si impara a cadere rimanendo comunque in piedi. Ma soprattutto si capisce il vero valore dell’amicizia, non fatta per convenienza o secondi fini. Ma perché reale sincera e rispettosa.

Io ringrazio te Patrizia per avermi permesso di migliorare la mia vita capendo il percorso di vita e spirituale da intraprendere. E la mia amicizia, quella reale e quella fantastica del misterioso Oxford Brogue, sarà per sempre senza esitazioni

E chi volesse capire il vero peso della lealtà, basta che provi ad essere presente quando arriva una richiesta di aiuto, di ascolto, di voglia semplicemente di parlare. L’amicizia è stare a sentire, ma ascoltando non facendo solo presenza.

Grazie del tuo tempo

“Per te. Per la tua lealtà. E per la tua amicizia. Una promessa ti feci ed una riflessione ho scritto. Se pensi che valga la pena pubblicarla fallo. Altrimenti tienila nel tuo cuore. Sei una donna  unica e speciale. Non mollare mai perché mi hai insegnato a non farlo e a non perdermi nelle ombre e nel buio”

Questo pensiero di Oxford e’ arrivato ieri sera, come un fulmine a ciel sereno e inaspettato. Mi ha lasciato di sasso, non credevo, non pensavo.  Mi ha commosso a tal punto che ho voluto tenerlo per me, solo per me per qualche ora prima di pubblicarlo. L’ho fatto accoccolare a fianco al battito del cuore, l’ho fatto danzare al suo ritmo, l’ho fatto addormentare al suo rintocco.

 Stasera ve lo regalo

Oxford, come piu’ volte ho scritto ha un animo d’altri tempi e i suoi racconti sono impregnati di sentimenti puri rarissimi nel mondo di oggi; leggerli e’ un toccasana per la mente e il cuore.

Vola alto Oxford, non ti fermare. Osserva col tuo sguardo profondo cio’ che ti circonda, pronto ad esserci, sempre.

Grazie, amico prezioso.

Altri racconti di Oxford Brogue

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ANGELI NEL CUORE

ANGELI NEL CUORE

ANGELI NEL CUORE

Nel cammino della vita si incontrano tante persone, ed alcune ci lasciano segni, ricordi, momenti, che non si cancelleranno mai. Ogni persona che incontriamo ci può insegnare qualcosa, può farci cambiare in qualcosa, può lasciare in noi parte di se’.

Era una giornata come tante altre; stavo camminando su Pearl Street in Manhattan, e mi stavo dirigendo verso il Brooklyn Banks Skatepark per vedere le affascinanti acrobazie dei giovani con i loro Skate.

Era un pomeriggio caldo di una classica giornata estiva Newyorkese.  John, l’uomo degli Hot Dog, conosciuto anni fa, era al suo posto come al solito, in tutte le stagioni, mi salutò ed io mi presi una limonata fresca. Proseguendo e arrivai alla pista da Skate. La gente era sempre numerosa, di tutte le età ed etnie, unite e non in lotta, ammiravano le varie band, che si sfidavano in maniera educata e civile sul circuito.

Cercai un posto su una delle tante panchine improvvisate. Vidi uno spazio libero. La panchina era già impegnata. Vidi una donna, vestita sportiva ma in modo elegante, non vistoso, con lei due giovani, presumo suoi figli, un ragazzo ed una ragazza. Mi avvicinai e togliendomi gli occhiali da sole che mi proteggevano gli occhi stanchi delle tante albe, chiesi gentilmente e con tono garbato se potevo accomodarmi accanto a loro. La signora in modo grazioso e sorridente annuì.

Mi presentai – salve sono Patrick Hallison, di Manhattan,  abito in Broad Street, vicino a Wall street, e vengo qui quasi tutti i giorni a vedere questi fantastici giovani; ma voi, madame, non vi ho mai visto qui. Nemmeno i suoi figli.

La donna, togliendosi il bellissimo cappello da sole che portava, fece cadere alla lieve brezza di vento che si era in quel momento alzata, i suoi capelli, che brillarono, e mi guardò. Il suo sguardo, anche se sul viso era presente un sorriso stellare di una donna di altri tempi, lasciava capire che aveva una sofferenza nel cuore, portata con dignità e peso nello stesso tempo, con rabbia e dolore, con speranza e fiducia. Si presentò – buon giorno sig. Patrick felice della sua conoscenza. Mi chiamo Madeline Mason, e questi sono i miei respiri di vita, mio figlio Kevin di 19 anni e mia figlia Kaitlyn di 23.

I due giovani mi salutarono e dopo una breve chiacchierata in cui mi diceva che si erano appena trasferiti, lei con i figli, per lasciare alle spalle un passato che aveva creato dei problemi, andai avanti a guardare gli Skater. All’improvviso vidi il giovane Kevin alzarsi, prendere il suo zaino, togliersi le scarpe e metterne un paio molto più tecniche e sportive delle precedenti; tirò fuori dalla sacca uno Skateboard fantastico, dai colori indescrivibili da quanto belli e da disegni molto accattivanti. Ruote in un materiale speciale, diverso da quello degli altri. Disse – mamma io vado – e dopo essersi messo le cuffie ed aver inserito il jack nel suo Ipod, salì sul suo skateboard e andò in pista.

Io rimasi un po’ stupito in quanto non mi aspettavo questo, e lo osservai accuratamente. Seguii ogni sua peripezia acrobatica, qualcosa di mai visto. Pian piano anche le persone delle varie Crew presenti iniziarono a notare il ragazzo.  Io guardai il suo viso intanto che volava, si perché non posso dire che usasse lo skate per “Skettare”, ma lo usava per volare a pelo d’aria sulla pista; era un viso sorridente ma assorto in mille pensieri, e guardando i suoi occhi vidi una determinazione, una rabbia placata a suo modo da una sensazione di benessere angelico che lo conteneva.

ANGELI NEL CUORE
Angeli nel cuore – Oxford Brogue

Anche dalle espressioni del volto capii che comunque lui come la madre aveva nell’anima un dolore causato da qualcosa, probabilmente la stessa cosa che avevano lasciato nell’altra città.

Pian piano si guadagnò la pista, perché gli altri ragazzi si iniziarono a fermare in sequenza, confabulavano tra di loro chiedendosi se qualcuno conosceva quel “BIANCO” e se qualcuno sapesse chi fosse quel ciclone. Le sue evoluzioni continuavano a diventare sempre più difficili, complete, perfette, con giravolte, avvitamenti loop di 360°, appoggi con le mani mai visti.

E quando si fermò, guardando la madre per cercare il suo sguardo, sguardo pieno di amore reciproco e di gioia per avere la propria libertà, quasi tutti i ragazzi gli andarono incontro congratulandosi e cercando di farlo entrare nelle proprie crew della pista.

Osservai poi la sorella, Kaitlyn, Ragazza che sul viso portava segni di dolore, segni di solitudine interna e di difficoltà.

In quel momento si udì della musica stile Hip-Hop misto a breakdance provenire dalle nostre spalle e, intanto che i ragazzi andavano avanti a chiacchierare e a scambiarsi idee sulle acrobazie mimando con il corpo le braccia e le mani i salti, noi della panchina ci girammo per vedere chi era a creare questo concerto moderno.

Erano degli altri giovani che si esibivano in danze sfrenate che al solo pensiero mi creavano dolori alla povera schiena.

Kaitlyn si alzò, chiese alla madre il permesso di andare a vedere e, con il suo consenso corse verso il gruppo di persone.

Anche io e la madre ci alzammo, incuriositi in quanto di solito non vi era nessuno a fare show.

Arrivati alla posizione vedemmo giovani vestini in maniera cangiante e variopinta danzare magnificamente. La ragazza, Kaitlyn, iniziò a sentire dentro di se il ritmo, muovendosi a tempo. Vidi comunque che era molto magra, ma nei suoi occhi vedevo la gioia, una gioia data dalla felicità di vivere, di assaporare la vita, come se avesse visto già la morte e fosse cosciente che i momenti della nostra esistenza devono essere assaporati sempre con gioia. Si mise a ballare assieme agli altri giovani, anche lei con maestria estrema, al pari del fratello, ma su un campo completamente diverso; vidi una figura ombra di lei stessa, come se avesse un aura che si espandeva al di fuori di lei. Vidi una seconda persona, vidi dentro di me, guardandole fisso gli occhi, come lei era; bellissima, paragonabile ad una delle dee greche più belle, ad Athena, con capelli dal profumo dei fiori dei campi estivi più belli e setosi come i petali delle rose.

Capii allora che questa famiglia, in armonia tra di loro, si aiutava a vicenda e che, la donna, la madre, Madeline, era colei che sopportava le fatiche più grandi, che si faceva carico dei dolori dei figli, dei problemi, ma che per lei erano l’unica ragione di vita, il fuoco che alimentava la sua anima, l’amore che la rendeva forte.

Il sole stava per iniziare a calare ed io, purtroppo, dovevo rientrare. Salutai Madeline, sua figlia Kaitlyn,  e dissi loro di salutare il giovane guerriero Kevin. E chiesi se sarebbero ritornati; la donna guardò la figlia e in modo sottile disse che sicuramente sarebbero tornati perché questo permetteva loro di sentirsi vivi e liberi dai pensieri.

Ringraziando ripresi i miei occhiali dalla tasca della camicia, li misi e mi incamminai sulla strada di casa, allontanandomi felice di aver conosciuto persone che, nonostante tutto, sorridono alla vita.

Oxford Brogue

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JACOPO DA TAMPAAM2015 E MAMMA SEGUE LA DIRETTA LIVE

JACOPO DA #TAMPAAM2015 E MAMMA SEGUE LA DIRETTA LIVE

JACOPO DA #TAMPAAM2015 E MAMMA SEGUE LA DIRETTA LIVE

Con il fuso orario non si capisce niente, mi collego per cercare la diretta Live da Tampa e nel frattempo cerco informazioni. Filippo, un amico di Jacopo, su FB mi chiede a che ora inizia ma io non capisco, e’ tutto in inglese e sto cercando. Arriva prima lui inviandomi il link per collegarmi TAMPA AM 2015 LIVE  e mi avverte che ci siamo quasi.

Non lo vedo, Filippo mi scrive se lo vedo, non lo vedo…. vedo altri. Gli domando che maglietta ha e mi risponde che indossa una maglia bianca con un logo sulle spalle e un berretto grigio…….si lo vedo, ora lo vedo…e la sua maglietta preferita perche’ rappresenta un “Trick” con il suo amico Aref dove saltano uno sull’altro incrociandosi ed e’ talmente assurda come evoluzione, che solo la loro grande intesa ne ha permesso la realizzazione. Aref non e’ a Tampa, ma con quella maglia addosso e’ come se fosse con Jaki a tifare per lui.

JACOPO DA #TAMPAAM2015 E MAMMA SEGUE LA DIRETTA LIVE
T- Shirth Ratti Locali

Bastard Store, gli autori della maglietta

Siamo alla run 37 la sua e’ la 41, mi agito, metto le cuffie e cerco di capire; un occhio al pc, uno al telefono, un’altra occhiata al pc a fianco, mi sento circondata ma e’ come se fossi li’ anche io. Ogni volta e’ così, quando poi posso vederlo e’ ancora peggio, l’ansia sale minuto per minuto. Tra una run e l’altra gli atleti fanno un paio di giri nel park per mantenersi caldi in attesa che tocchi a loro.

Run 38. Vado sul profilo FB di Jaki e ci sono già’ parecchi post degli amici che lo incitano e lo incoraggiano e anche se ognuno a casa loro, o alcuni riuniti a seguirlo sul pc, sento tutta la loro stima, la loro eccitazione in attesa di vederlo in azione.

Girando sul sito di Tampa vedo  le foto delle qualifiche e ne salvo un paio

JACOPO DA #TAMPAAM2015 E MAMMA SEGUE LA DIRETTA LIVE

Run 39. Posto sul mio profilo il link di Tampa Live

Run 40. Oddio ci siamo. Mi sistemo sulla sedia, alzo il volume e accendo una sigaretta.

Run 41. Sento il suo nome, in America dicono Giacobo da Milan Italy e lo vedo in pista.

la run di Jaki

per vedere la Run di Jacopo

Jacopo Carozzi aka Giacopo Carusi aka crazy italian style killing it at #tampaam2015good job homie! #italianskateboarding

Posted by René Olivo on Sabato 14 novembre 2015

pag FB di Rene Olivo che ha postato il video per primo

3  intensi minuti di adrenalina pura: line, trick, cadute, scivolate. Un salto sul rail, una salita, una discesa, altro trick sui gradini e poi salita e salto e piroetta e…………..e’ finita!

Tiro un respiro di sollievo……….e’ andata. Messaggio con Filippo e aspettiamo le classifiche.

Continuo a lavorare con un occhio qui, uno all’altro schermo, uno al cellulare.

La gara e’ finita per oggi, attendiamo i risultati per  le finali di domani.

Vedo gli speaker al centro pista con le hostess per cui siamo giunti all’esito; faccio un respirone e attendo. Iniziano a dire i nomi e sento Giacobo Milan…… non credo alle mie orecchie e messaggio a Filippo chiedendogli se e’ passato, incredula. Non risponde e mi chiama e mi urla nell’orecchio che e’ 9°.

Filippo e’ un carissimo amico di Jaki e mi racconta che ha obbligato tutta la famiglia, persino la nonna a vedere una gara di Skateboarding da Tampa  in inglese, collegando la televisione al pc. Conclude la telefonata invitandosi a vedere la finale qui da me per godercela insieme.

Questi ragazzi sono un mito!

anteprima gara 

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A QUOTA 12 METRI DI ALTEZZA

A QUOTA 12 METRI DI ALTEZZA

A QUOTA 12 METRI DI ALTEZZA

 

Per sfida dovevo arrivare in cima fino a quota 12 metri di altezza. Un’esperienza di freeclimbing in piena Milano al vecchio e famosissimo Vigorelli.

Bambini a fianco a me s’arrampicavano come “ragnetti” senza alcun timore; io, nonostante fossi imbragata facevo una fatica di pazzi e il cuore batteva a 1000.

Ci sono arrivata a quota 12 metri d’altezza……. una soddisfazione infinita.

Lo snowpark del Vigorelli

sport invernali a Milano

COYOTE NASCE PITTORE E INVENTA LA PRIMA SKATESCHOOL

COYOTE NASCE PITTORE E INVENTA LA PRIMA SKATESCHOOL

A seguito dell’articolo su Jacopo e di come sia nata la passione per lo skate ho avuto il piacere d’intervistare Ivan Fernandez Gonzalez , conosciuto un po’ di anni fa al Trinity Skatepark: il Coyote pittore e insegnante.

Ivan  e’ un insegnante di Skate, e’ un artista “Coyote Painting Walls” e ha creato una scuola di skate .

Ivan mi racconta:

“Coyote Painting Walls” è un personaggio d’arte creato da me, Ivan Fernandez Gonzalez.

Una specie di alter ego che  svincola la mia personalità artistica dalla persona privata.

Coyote nasce pittore e col tempo diventa anche scultore, ovvero artista multidisciplinare.

Iván, invece, rimane un surfer, uno skater e un insegnante che giorno dopo giorno diventa “attore” per impersonare l’artista Coyote Painting Walls.

COYOTE NASCE PITTORE E INVENTA LA PRIMA SKATESCHOOL
Picture by Michele Muriel Peretti, Milan, Italy 2012

Sono nato nell’Asturie, su un promontorio conosciuto come Cabo Peñas.

Fin da piccolo, 1979, ho iniziato a skateare con mio fratello Cesar per supplire la mancanza di una vera e propria tavola da surf. Quando finalmente questa tavola è arrivata a casa, nelle mani di mio cugino, insieme a mio fratello abbiamo iniziato a surfare.

la mia personalità e il mio carattere nascono così.

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JACOPO, UN BAMBINO IPERATTIVO

JACOPO, UN BAMBINO IPERATTIVO

JACOPO, UN BAMBINO IPERATTIVO

JACOPO, UN BAMBINO IPERATTIVO

Primo giorno di scuola, mentre attendevamo l’apertura del portone , Jacopo si era arrampicato su un palo della luce; invece gli altri bambini aspettavano con emozione il loro primo ingresso alla scuola elementare, perché erano diventati grandi.

Una signora mi si avvicina con un sorriso sulle labbra, l’aria un po’ sorniona, un sopracciglio leggermente alzato. Mi chiede se quel bambino biondo era mio figlio. Io annuisco con aria  da povera mamma stanca, orgogliosa ma provata dall’esuberanza del bambino.

Lei mi dice: “ Mi ricorda tanto mio figlio, gli faccia fare tanto sport. Li provi tutti finché non trova quello che gli piace. E’ l’unico modo per sopravvivere!!!!!!”

JACOPO, UN BAMBINO IPERATTIVO

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