Tempo fa seguendo una “lezione” del grande etnografo Francesco Varanini presso “Sistema Eduzione”, sono rimasta colpita da una sua metafora, con la quale paragonava ciò che non si può classificare agli oggetti che dal XVI al XVIII secolo venivano collocati nella “WUNDERKAMMER” (camera delle meraviglie)
Non so se tutto cio’ abbia un senso oppure no, ma secondo me si. Mi sono imbattuta, no! Mi sono scontrata, nemmeno! Mi e’ piovuto dal cielo, neanche!
In fondo l’ho cercato, ecco, forse la verita’ e’ proprio questa. Una ricerca inconsapevole, inconscia, ma una ricerca. Altrimenti non riuscirei a spiegarmi come mai mi trovo tra le mani CURARE LA VITA, CON LA VITA, proprio adesso.
Già il titolo la dice lunga.
E già! E’ facile, cosa ci vuole. No, un attimo!
Curare la vita cosa s’intende’ che la vita e’ malata? Si in fondo la vita e’malata, sfido chiunque a dirmi che la vita e’ rose e fiori.
Perche’ e’ malata? Perche’ ce n’e’ sempre una. Voglio ancora incontrarla la persona che ha una vita così bella, senza problemi, piena di soldi, successo, e tutto fila liscio.
Proprio l’altro giorno guardavo un programma in tv che parlava delle morti delle star. Vogliamo parlarne? Cosa mancava alla splendida Marilyn, o a Prince o a Amy Winehouse. A vedere dall’esterno, un bel nulla, ma e’ ovvio e palese che non sia stato così ed e’ lampante quanto le loro vite fossero davvero profondamente infelici. Solo il farsi coinvolgere dalle droghe senza più essere se stessi fino a morire puo’ far capire come un essere umano sia fragile a tal punto da desiderare di non essere piu’ consapevole, a voler non essere.
Perché una volta che si muore si e’ risolto tutto? No! E’ che non c’e’ più niente, non c’e’ più da risolvere, non c’e’ più vita.
Ecco perche’ la vita e’ malata, a parer mio. E quindi come la curi la vita? Imbottiamoci di psicofarmaci; andiamo a fare gli eremiti fuori da questa societa’ schifosa che ci rifiuta perche’ siamo troppo belli, troppo brutti, troppo ricchi o troppo 1000 altre cose. Curiamo la nostra vita scappando, trovando tante scuse.
“e’ solo la vita che puo’ curare la vita”.
Benedetto Croce
Apro il libro, guardo l’indice: singolare!
Alcuni paragrafi m’incuriosiscono subito e vado alla pagina e inizio a leggere…….non capisco nulla. Ho troppa fretta.
Mi fermo, prendo dei post it e un evidenziatore e…. inizio a mangiarlo questo libro.
Sottolineo, metto linguette fuxia, ma non mi sento tanto bene.
Troppi input in brevissimo tempo. Adesso ho la conferma.
Non e’ la prima volta che affronto questi argomenti che riguardano lo studio del ragionamento, il potenziamento di se stessi, nella ricerca delle capacità di ognuno di diventare protagonista della propria vita. Arrivo all’approccio sempre diffidente, poi m’incuriosisco e mi sento partecipe fisicamente e emotivamente e ho la sensazione di entrare in un circuito che mi coinvolge totalmente.
Sento nella testa come se avessi una biglia di un flipper che inizia ad andare da una parte all’altra del pensiero, da una riflessione all’altra fino a sfinirmi.
Mi fermo, devo metabolizzare la simbologia utilizzata per assorbirla farla mia e renderla fruibile, ossia veritiera di una soluzione di ragionamento che mi rivela qualcosa di fondamentale.
Nella realta’ mi rendo conto che era li’, a portata di mano, bastava soltanto girare lo sguardo da quella parte per scorgerla e per esserne totalmente affascinata per la sua rivelazione e, in fondo, per la sua semplicita’.
Maria Cristina Koch, autrice di CURARE LA VITA CON LA VITA, avvisa i naviganti del testo (perche’ e’ una navigazione, con mal di mare e avvistamenti e isole che emergono dall’acqua all’improvviso), “Ipertesto”, così lo definisce, che ha immaginato di scriverlo affinche’ il lettore possa apprenderne gli stimoli per poi montarli e smontarli a suo piacimento. E solo leggendo mi rendo conto cosa voglia dire e quale sia la sua sfida.
Sono irrequieta, leggo un capitolo, mi alzo, vado a prendere un bicchier d’acqua e sento che la mente parla con se stessa e con me, dalla scrivania alla cucina e ritorno.
Continuo a leggere affamata. Mi rialzo scattando dalla sedia….non e’ possibile, ma come ci riesce?
Continuo, mi emoziono e mi commuovo.
E’ pazzesco. Sento la mente scendere in una profondita’ interessante, non sconosciuta ma solo svelata e riconosciuta.
Aprire la mente, questo sta succedendo. Banalmente questo.
Non che prima non mi succedesse ma, come nella vita di tutti, si e’ coinvolti dai ritmi della quotidianita’ che spesso non concedono spazi, neanche per pensare. Metti il turbo e vai.
Non leggevo un libro da un secolo, per esempio. Mancanza di tempo oppure tanta stanchezza. Quando vado a dormire, mi basta appoggiare la testa sul cuscino che parto per la tangente del sonno, stanco e senza sogni; non arrivo alla fine di una pagina e, se ci riprovo il giorno dopo, mi tocca rileggere le mezza pagina del giorno prima col risultato analogo di crollare a meta’.
Per cui dopo vari tentativi ho desistito, il libro, qualsiasi esso sia, non procede rimanendo a pagina 1.
Adesso, con questo libro tra le mani, la mente si sofferma pungolata da imput naturali e stupefacenti, basta ascoltarli e sento il cervello aprirsi a nuovi orizzonti e confini.
E’ fantastico! E’ come bere un paio di bicchieri di Sassicaia a 14°
Quasi due anni fa mia figlia si era iscritta a scienze della formazione. Aveva scelto accuratamente il suo percorso di studio mostrandomi tutti i corsi che avrebbe fatto per l’interesse scaturito in lei di psicologia, filosofia, pedagogia. Ero molto fiera di questa scelta e , conoscendo la sua fame di sapere, pensavo fosse il percorso che le calzava a pennello. Questa ingordigia era dettata da anni di fame, curati in ospedale affinche’ non morisse, e da psicoterapia serrata per aiutarla a riconoscere e sconfiggere i fantasmi dentro di lei.
Il percorso universitario, pian piano, alimentava la curiosita’ e apriva la mente, mettendo in un angolo le sue dipendenze. Constatavo che, di giorno in giorno, le chiacchiere con lei erano passate dalle calorie a Freud, Fromm, Lacan, Camus, Sartre, Hannah Arendt, Kierkegaard , Schopenhauer, Foucault, la condizione umana, la filosofia della prassi umana. . Ero grata che questi filosofi, psicologi alimentassero il suo cervello scacciando in un angolo tutte le manie e persecuzioni che la mente aveva ospitato fino a quel momento.
Addirittura mi torturava, appena sveglia al mattino, parlandomi di Freud e delle scoperte, che studiandolo, aveva fatto. Devo ammettere che alla terza mattina consecutiva in cui alle 6,30 mi voleva raccontare cosa sosteneva FreudFrommLacan & company avevo chiesto pieta’ per il mio cervello.
Ci facemmo una lunga e sonora risata. Io fui salva, le mie orecchie pure e il mio cervello anche….ma solo fino a cena!
Le si stava riaprendo il cervello ed era pronta ad accogliere informazioni utili a riaccendersi alla vita.
E’ quello che sta succedendo a me. Riaprire il cervello alla riflessione e questo mi fa vedere la vita in tutt’altro modo e con altre prospettive
Maria Cristina Koch ha studiato una vita perche’ a me succedesse questo e succedesse oggi che la vita mi e’ diventata pesante e ostile.
Mi racconta che aveva 18 anni quando entro’ in aula dell’universita’ per una lezione di fisica e lesse “Triste è quel discepolo che non avanza il suo maestro..”Leonardo Da Vinci e penso’ “questo voglio fare nella vita! Mettere a disposizione degli altri le cose che ho sperimentato”.
“Ossia, ho questo giocattolo x le mani ( la mia vita, le cose che ho studiato, scoperto, le esperienze attraverso gli altri, gli incontri, i viaggi. L’Africa!) Le racconto e poi vedo le persone che uso personale ne fanno “
……parla di un giocattolo, a parer mio per due motivi:
uno potrebbe essere il cubo di Rubik ( tanto devi provare fino a trovare la soluzione delle 6 facce i cui 9 quadratini hanno lo stesso colore)
L’altro e’ cercare di prendere le cose con ironia, allegria, positivita’, sfida come in un gioco a due tra te e te stesso.
Vi racconto un pezzetto di “Curare la vita con la vita”
“Uno, nessuno e centomila”. (Pirandello? No. Curare la vita)
………c’è uno slogan che ha un grandissimo successo: “Essere se stessi”. Suona bene, sembra molto chiaro, immagina delle verità e delle identità, guida affidabile nei marosi dell’esistenza.
Sintetico e vibrante, ci sprona a drizzare la schiena, ad avviarci a passo sicuro nel sentiero della nostra esistenza.
Ma lo scintillare di questo motto da ricamare sul petto per potersi pensare cavalieri senza macchia, è uno scintillio truffaldino……..
Che cosa mai significa “essere se stessi”?
In un seminario di tanti anni fa sulla comunicazione, uno psichiatra partecipante tentava di negare il successo palese di un esercizio di induzione di comportamento avvenuto il giorno prima: sì, certo, era vero, si era mosso effettivamente in quel tal modo ma era confuso, forse era anche distratto, insomma ieri non era se stesso. Il docente lo considera con attenzione, siamo tutti sospesi in silenzio, poi si china verso di lui e, incuriosito, gli sillaba sul volto: e quando tu non sei te stesso, chi sei?
È una di quelle scene che conservo come icona, nel reliquiario dove ammasso i reperti che il mondo e l’esistenza mi offrono e mi permettono di utilizzare.
A fianco di questa, un foglietto: Snoopy che sentenzia:
nessuno è perfetto, ma chi vuol essere nessuno?
Essere se stessi, appunto, uno slogan fortunato, mi ricorda il bombastium di un vecchissimo racconto di Paperino, una sostanza magica e misteriosa che, aggiunta in un contenitore qualunque, ne trasformava il contenuto nel cibo preferito da chi lo aggiungeva. Oppure lo sciroppo per la tosse di Mary Poppins che cambiava sapore a seconda del bimbo che lo ingoiava ma restava prelibato per ciascuno.
Non voglio negare che lo slogan abbia potuto avere effetti brillanti, ispirare coraggio, suggerire fermezza, rafforzare qua e là caratteri insicuri: la capacità suggestiva è esattamente qui.
Poiché non vuol dire nulla di preciso ma ha una forte attrattiva, lo slogan viene riempito di significato da chi lo prende in considerazione, lo traduce in una esortazione che poi segue.
Lo sforzo di padroneggiare sentimenti o timori, la soddisfazione di esserci riusciti, rientrano in circolo a riempire ancor più di rinnovato valore lo slogan stesso.
Ma se fa bene, perché attaccarlo, perché svilire a slogan un’esortazione che sembra parlare d’etica?
Beh, ha effetti collaterali pesanti, impone l’adesione a presupposti non criticabili.
Molto semplicemente, “essere se stessi” presuppone che ciascuno di noi abbia almeno un sé più vero e più sé degli altri.
Vero in quanto unico, il volto di sé.
Ecco, a me questo presupposto pare fin pericoloso perché civetta con l’idea di un pensiero unico più vero e più giusto degli altri. E questo mi spaventa ……………..
( pag.22)
Ho scelto le parti piu’ esaustive di questo paragrafo,che si puo’ scaricare gratuitamente su
E leggerlo per intero, ma tanto basta per iniziare a pensare . A me ha creato subbuglio tutto ciò, ma attraverserò questo libro , voglio vedere dove mi porta.
“La cosa piu’ affascinante e’ vedere le persone come useranno questo modo di ragionare e approcciare alle cose della vita.”
Maria Cristina Koch
Informazioni
La segreteria è disponibile per informazioni tutti i giorni da lunedì a venerdì dalle 9.00 alle 13.00; martedì e giovedì anche dalle 13.30 alle 16.30
Il mio Job Club e’ iniziato circa un paio di mesi fa e si e’ svolto in QF, un co-working creato da due giovani neo mamme.
Casualmente, o forse no, il gruppo che si e’ presentato fin dalla prima sera era formato da donne, tranne un giovane che alla volta successiva ha ben pensato di non ripresentarsi. Unico uomo in mezzo a tanto gentil sesso si sara’ sentito un pesce fuor d’acqua. I nostri incontri settimanali sono stati decisamente unici e incredibili, man mano che si procedeva in questo percorso mi rendevo conto di un gruppo unico e molto forte. Competenze di elevato livello, donne e mamme dai 50 anni in giu’, li, insieme, per cambiare o cercare un lavoro; in ogni caso alla ricerca di una propria dimensione non solo professionale.
La nostra guida Daniela Tidone della Scuola triennale di counseling – Sistema Eduzione ha condotto il “gioco”, i test, le analisi. Quante volte ci ha detto quanto la scuola di counseling le ha cambiato la vita. Non faccio fatica a comprenderlo.
Il percorso si snocciola di volta in volta non solo nello spiegare come si fa un curriculum o un colloquio di lavoro. Notizia assai interessante, ma non il cuore della questione o della situazione da tutte noi vissuta.
Nella realtà siamo state invitate, una per una, a cercare non solo un nuovo lavoro, un nuovo settore nel quale inserirsi anche a 50 anni, ma a conoscerci meglio e a verificare se attraverso competenze messe sul piatto, anche non lavorative, ci fosse qualcosa che ci illuminasse lo sguardo come quando si pensa ad un sogno, si pensa a qualcosa che appaga.
Ecco quindi che si stravolgono le aspettative e le si proietta in campi che mai ci saremmo aspettate di voler esplorare. Bellissimo anche il desiderio di volersi aiutare l’un con l’altra.
Così abbiamo creato una sorta di Banca Ore attraverso la quale ognuna ha messo a disposizione del gruppo le proprie competenze e, previo accordo, avrebbe potuto approfondire o capire o imparare qualche competenza delle altre per procedere nella ricerca del nuovo lavoro. Oppure avrebbe potuto analizzare qualche argomento utile alla propria vita.
Il gruppo ha subito qualche abbandono, ma il nucleo, presente fin dalla prima sera, ha continuato sempre più coeso e unito, con intese inaspettate e feeling che si stanno consolidando.
Oggi riflettevo sul valore di questo percorso che sta dando dei frutti non indifferenti e non soltanto nella ricerca del lavoro.
il Job Club ha come scopo quello di mettere insieme persone diverse che uniscono le proprie energie in un momento dove la ricerca del lavoro può essere difficile, avvilente castrante angosciante e deprimente.
Un vecchio detto dice “L’unione fa la forza”. E’ vero!
Condividere le proprie esperienze, o angosce , o difficoltà fa sentire meno la solitudine di un periodo difficile. Discuterne insieme, aiuta a cercare insieme alternative. Cio’ che non viene in mente a te può venire ad un altro. L’esperienza dell’altro può suggerire soluzioni a te.
Non so per quale motivo ma spesso, in questi ultimi mesi, questo Job Club mi ricorda quando sono rimasta in cinta di Veronica, la mia prima figlia. Non ci si rende conto di aspettare un bimbo fino a quando non si muove per la prima volta dentro di te. Tutti dicono che quel movimento assomiglia alle farfalle nella pancia dopo un colpo di fulmine. Non e’ così. In quel caso senti che sono i tuoi organi che si muovono e provocano quello sfarfallio. Mentre quando e’ un bimbo, ci si rende conto che e’ altro da te che si muove all’interno di te e il fruscio leggero, appena accennato e’ la prima consapevolezza che stai portando dentro di te un altro essere umano che ti appartiene, almeno fino al parto.
Potresti parlarne con molte donne, anche tua madre che ha sentito te per la prima volta in modo analogo, ma non sara’ mai come l’hai sentito tu. Con il secondo, il primo movimento e’ stato totalmente diverso. Comunque in quel meraviglioso viaggio avventura, inevitabilmente, mi sentivo sola e quella sensazione non mi piaceva, nonostante fossi affascinata ogni giorno da un miracolo così incredibile come una gravidanza, per giunta la prima.
Mi iscrissi ad un corso pre-parto di acquagym e solo lì riuscii a condividere ogni minuto di quella fantastica avventura, con gli stessi entusiasmi e le stesse paure e, quando abbiamo partorito, siamo rimaste amiche continuando a condividere argomenti di genitori e figli, l’adolescenza, la maturità, l’università continuando a scambiarci informazioni e a confrontarci.
Così percepisco questo Job Club, nato per la necessita’ di essere aiutata a trovare la strada e gli strumenti per reinserirmi nel lavoro e adesso lo sento come la nascita di una nuova vita. All’inizio mi dicevo mha! Servirà a qualcosa, dove mi porterà.
Mi sta portando in situazioni che mai avrei lontanamente immaginato. Mi sta conducendo in ambienti nuovi, contatti interessanti, la disperazione dell’inizio e’ totalmente cambiata mutandosi in nuovi entusiasmi e scoperte.
Qualcuna di noi ha cambiato lavoro, qualcuna sta elaborando come migliorarlo e come farlo evolvere affinché le calzi meglio addosso,qualcuna con il supporto della competenza di un’altra sta avviando un nuova strada, qualcuna sta cercando di focalizzare che direzione deve prendere nel prossimo futuro.
Tutto ciò e’ grandioso e, aggiungo che, mentre la società lavorativa ti fa sentire emarginato per eta’, perché non ti e’ stato rinnovato un contratto, perché sei stato all’estero per 1 anno o perché hai un curriculum variegato e vieni considerato un’inconcludente o poco affidabile, questo percorso rafforza le capacita’ di ognuno, rende giustizia alla personalità di ognuno, rimettendolo al centro dell’attenzione per il suo stesso valore; insomma energia pura che ricarica le pile.
Così con il gruppo, abbiamo deciso di vederci anche fuori dal co-workng che ci ospita, di frequentarci e continuare a confrontarci cercando di aiutarci.
Mai avrei immaginato che sabato scorso potessimo organizzare una delle cose che più mi rimarranno in mente di questa avventura.
Minacciava temporale ma avevamo organizzato un Picnic serale per stare insieme un paio d’ore, dopo aver cercato varie soluzioni e avendo il desiderio comunque di trovare un posto tranquillo ed economico.
Francesca ha messo a disposizione una pagnotta di pane nero e cereali e ben due bottiglie di vino bianco da lei imbottigliate. Il resto del gruppo ha portato qualcosa che accompagnasse quel meraviglioso pane.
Ma dove?
Dopo vari messaggi e ipotesi, Francesca ci ha ospitato sul suo balcone all’ottavo piano da cui si vedono le montagne .
Ha apparecchiato per terra con un telo rosso e cuscini giganti, e in 2 mq di spazio ci siamo godute la serata.
Niente pioggia ma una gradevole brezza, un cielo limpido e un tramonto meraviglioso che calava sulle montagne in lontananza. Pane, vino, creme di formaggi, bruschette …uno spettacolo.
Un picnic su quel balcone che non dimenticherò mai grazie al Job Club.
4 donne, nuove amiche nella stessa barca, nelle stesse necessita’, piene di ricchezza interiore e competenze in campi diversi, ma spontaneamente ritrovate per il piacere di unire le forze e conoscerci meglio.
Il Job Club mi ha permesso di entrare in contatto con il Self Empowrment di Massimo Bruscaglioni e il Conseling di Maria Cristina Koch, con sistema Eduzione e Monica della Giustina e La Casa di Vetro.
Sto conoscendo persone ricche di umanità, positive, in gamba e pronte ad essere di supporto per un consiglio o un confronto. Chissà cos’altro mi aspetta.
Se penso a qualche mese fa, quando ero disperata, mi guardo indietro e con grande gioia vedo quel periodo lontanissimo e mi sento piena di nuove speranze e avventure da scoprire.
Anche solo per questo il Job Club ha fatto effetto.
Mi ritrovo, non so per quale arcano motivo, in un vortice di nuove esperienze e coinvolgimenti grazie al fatto che ho perso il lavoro. Qualcuno, mesi fa, mi aveva detto di prendere questo “dramma” come un momento di fortuna, di riflessione e di scoperta.
Mi disse un’amica: “ stringi i denti, trova un punto, focalizzalo, credici e perseguilo.” Strano ma vero si sta rivelando tale.
Dopo i primi due mesi di panico e affanno totale, paura, solitudine, dopo che ho bussato a tutte le porte che conosco, che ho spedito centinaia di CV a parenti, amici, conoscenti e sconosciuti ; dopo che ho pianto, ho riso istericamente per la goffaggine della situazione, o per colloqui assurdi o per contesti ridicoli o per offerte di lavoro impossibili, dopo che ho messo annunci di Dog sitter e Baby sitter a cui non ha risposto nessuno, mi son detta: “ piu’ cerchi e ti affanni, meno troverai. Più senti il fallimento, più morirai dentro e fuori e, insieme a te, i ragazzi, tua madre, la tua meravigliosa creatività; diventerai una persona odiosa e antipatica e piagnona e, soprattutto, aumenteranno le rughe dello stress”.
Così ho organizzato la giornata: meta’ ricerca lavoro tramite il web, gli annunci, gli enti accreditati, i vari Job vattelappesca ( ma vestita e truccata, anche se seduta al pc di casa); meta’ ho alimentato i sogni e gli interessi andando ad eventi, corsi di formazione, seminari, incontri e scrivendo articoli su questo blog che e’ diventano un mezzo, un tramite per incontrare una marea di persone e storie bellissime e interessanti, impegnative e strane. Scoperte ed esperienze.
Mai lavorato così tanto nemmeno l’anno scorso per Expo. Giornate della durata di 20 ore e solo 4 di sonno, e il cibo, spesso, un optional.
Mai come in questi ultimi mesi ho ricevuto arricchimenti e ho potuto constatare che vivo in una citta’ ricca di occasioni e opportunita’. La difficolta’ sta nello star dietro a tutto e a tutte le iniziative e sapere come coglierle, sfruttarle, renderle proprie e come trasformarle, finalmente in una svolta positiva e costruttiva.
Intanto in questi mesi son cresciuta, son piu’ forte, sono migliore perche’ non sono morta di disperazione. E gia’ questa e’ una vittoria non da poco.
Avevo una valigina “sgarrupata” e pesante quando ho iniziato questi recenti 6 mesi, oggi ho una valigia di quelle grandi, piene di tasche interne ed esterne, con le ruote e la maniglia per trasportarla perche’ ogni giorno si riempie….…tra un po’ mi tocchera’ comprarne un’altra. E’ arancione, perche’ io possa vederla anche in lontananza e riconoscerla perche’ questa valigia e’ mia e, benche’ pesante, me la porto da sola e con fierezza.
A 54 anni, due figli cresciuti da sola, una separazione conflittuale alle spalle che dura da 16 anni, una vita pesante e dolorosa, violenze psicologiche, patologie dissociative in famiglia e chi ne ha piu’ ne metta, vado avanti con energia indefessa e coraggio, e scopro solo oggi, con stupore, che tante cose non le ho capite.
Con le esperienze che ho vissuto, pensavo di avere compreso alcuni meccanismi.
Che presunzione!?!
Spesso, mia madre che ha 83 anni mi dice che non ha capito un tubo della vita….lo dice ironicamente, pero’ in fondo non ha tutti i torti.
…….E ma io son fatta così e comunque; e ma io, e ma io. Si, pero’, ma io.
E qui inizia l’avventura.
Domenica scorsa sono stata ad una riunione , alla Casa di Vetro, sede di Sistema Eduzione dove si concludeva un ciclo di incontri di Job Club. Mi rammarico tantissimo di non aver portato il registratore perché quello a cui ho assistito e ascoltato e’ stato illuminante.
Non e’ la prima volta che raggiungo la sede di queste riunioni un po’ perplessa, ma come iniziano a parlare sembra che il cervello si scuota e pone la massima attenzione attivando tutti i sensori anche quelli dormienti.
La Dott.ssa Kock ( il cognome ricorda un po’ il termine coach, ma in realtà e’ un Guru, che mi piace molto di più perché di maestri ce ne sono tanti ma di “illuminati” ben pochi, e’ una questione di carisma) si alza e inizia:
“Come mettersi in sicurezza”, che vuol dire, cosa significa mettersi in sicurezza?
In qualsiasi circostanza e’ necessario imparare a mettersi in sicurezza, che non e’ un fenomeno egoistico, ma un atteggiamento che va tenuto sempre per dare agli altri, anzi serve per non mettere l’altro in pericolo.
Si ma che vuol dire? Che cosa sta cercando di comunicarci.
Si ferma, ci guarda e con la massima semplicità ci fa un esempio molto semplice ma esplicativo e cioè quando siamo in aereo pronti al decollo e l’equipaggio illustra ai passeggeri come reagire in situazione di forti turbolenze e pericolo, da dove scendono le mascherine dell’ossigeno e come indossarle. Al di la’ degli scongiuri che ognuno fa per non vivere questa situazione, al di la’ che nessuno presta seria attenzione, il messaggio e’ chiaro.
Se in una situazione di pericolo non mettiamo prima noi stessi in sicurezza, non potremo mai aiutare chi ci sta accanto. Finiremmo entrambi in pericolo.
Quindi se l’aereo precipita ( spero francamente che non mi capiti mai) prima mi metto io la mascherina e poi la metto o aiuto a mettersela a chi sta al mio fianco chiunque sia….anche mio figlio.
E’ fondamentale capire la sottigliezza che sta in questo concetto, a maggior ragione se al mio fianco c’e’ una persona che amo più di me stessa. Banalissima, ma estremamente veritiera. Peccato che non ci si pensa e non si e’ allenati a questo tipo di atteggiamento. Altrettanto il pensiero, man mano che si srotola il ragionamento che pare banale, diventa rivelazione; ancor più se immagino la scena con accanto uno dei miei figli. L’istinto di un genitore e’ quello di proteggere un figlio prima di pensare a se stessi. In questo caso si coglie l’importanza di star bene, di essere felici, di essere stabili…in sicurezza, e poter essere di supporto se si vuole esserlo per gli altri, soprattutto i cari.
La Dott.ssa Koch procede:
“Noi dobbiamo essere al sicuro senza esporci affinche’ l’altro non possa danneggiarci”.
Ritorniamo idealmente in aereo: se io prima penso a mio figlio mettendogli la mascherina, lui sarà in grado di metterla a me? O chiunque sia al mio fianco, sarà in grado? Meglio che io mi metta al sicuro prima di chiunque altro, affinché nessuno , sotto una qualsiasi reazione di panico o altro, mi danneggi.
Quale potrebbe essere l’esito finale di un allenamento a questo procedimento? Accresco la mia sicurezza in tutti i sensi; mi fortifico; rimango più fredda davanti a circostanze difficile e sono pronta a reagire con più razionalità a ciò che mi circonda; cresco e imparo a vivere sfruttando e conoscendo sempre meglio le mie capacità.
Questo e’ fondamentale nella quotidianità al lavoro, a casa , in famiglia, con gli amici.
Imparare a razionalizzare ci permette di vedere con più lucidità quello che ci circonda.
Quando discuto con qualcuno e’ basilare capire se l’altro, per caso, ha ragione. Se vengo contrastata vuol dire che chi ho di fronte ha ragione. Che fare? Contrastare con furbizia, raggirando l’ostacolo. Imparare a capire il linguaggio del corpo, le parole non dette, gli atteggiamenti di chi ho di fronte.
Guardare fisso negli occhi una persona senza mai abbassare lo sguardo e’ una netta dichiarazione di guerra, ricevuta o lanciata.
Porsi di fronte ad una persona e non di tre quarti, come a suo tempo insegnava Lilli Gruber, una delle prime giornaliste che si poneva in questo modo, non era perché il suo lato sinistro fosse il migliore da riprendere televisivamente parlando ( non aveva nessuna cicatrice che le deturpasse il viso) ma un atteggiamento di accoglienza. Del resto un giornalista che ci “corteggia” tutte le sere durante la cena e ci racconta le peggio cose che accadono nel mondo, non e’ più “cortese” nel suo atteggiamento se non ci si para davanti imponendosi?
Man mano che la mattina volge all’ora di pranzo mi rendo conto di essere nel posto giusto al momento giusto in un momento in cui sono in evoluzione, ad un punto di svolta in cui desidero diventare protagonista della mia vita e costruire un futuro migliore per me e chi mi circonda. mi rendo conto, infatti, che gli esempi della Dott.ssa Koch mirano a far emergere le capacità delle persone per appropriarsi di se stessi in modo costruttivo e innovativo per diventare registi del proprio prossimo film .
Un’altra frase che mi ha colpito profondamente e’ stata: ” Fallire, fallire ancora, fallire meglio” che vorrà mai dire?
Se non hai fallito veramente e non sei pervaso da quella sensazione distruttiva che ti penetra e rischia di ammazzarti, mai troverai la forza di riscattarti, tirarti su in piedi per reagire e trovare la strada per risalire e rimetterti in pista. Non solo, se non hai mai provato la frustrazione del fallimento rischierai di caderci; se l’hai già provata la eviterai con tutta la tua forza.
La vita bastona quotidianamente, le difficoltà sono dietro l’angolo e l’età avanza. Il buon Dio ci ha data una sola vita, non può essere solo fatica e sacrificio, e’ giunto il tempo di riflettere e procedere al meglio. In più, mi permetto di fare un’altra riflessione: ho fatto la mamma single per 23 anni, coprendo due ruoli faticosissimi e vedo i miei figli avvicinarsi a spiccare il loro volo. Quando giustamente lasceranno il nido, non voglio sentire il vuoto, non voglio sentirmi sola, non voglio pensare che solo allora sara’ il tempo per me. Oggi e’ il tempo per me, oggi e’ giusto che riempia la mia valigia di ulteriori esperienze per viaggiare ovunque io vorrò andare.
Viene detto che il passato non esiste!!! Come non esiste?
Mi ha distrutto, mi ha piegata, per fortuna non spezzata, ma e’ stato indice di una vita difficile, mi ha inevitabilmente segnata….butto via tutto? Fa comunque parte della mia valigia!
Nella realta’ non butto via niente, ma quello che percepisco, seguendo il ragionamento, e’ che da adesso posso costruire il futuro. In questo senso il passato non esiste, non deve influenzare la costruzione. Ossia, se a me e’ successo quello che e’ successo, e’ successo, punto. Basta, si volta pagina per scrivere un altro capitolo con basi diverse perche’ la ricerca del benessere e’ un diritto.
Come lo cerco il benessere? Che chimera!!!!!
Diventando protagonista del mio film, imparando le tecniche per diventarlo.
“Abbiamo tutti voglia di benessere, di vivere una esistenza piena, di diventare o tornare a essere protagonisti della nostra vita, di inventarcela su misura”
L’incanto della comunicazione
Tutte le informazioni e il calendario dei corsi di Sistema Eduzione le iscrizioni sono gia’ aperte ma entro il 15 di luglio e’ possibile avere un prezzo inferiore.
Se presenti il “welcome Ticket” di 50annieround qui sotto, potrai ricevere un ulteriore sconto.
Informazioni
La segreteria è disponibile per informazioni tutti i giorni da lunedì a venerdì dalle 9.00 alle 13.00; martedì e giovedì anche dalle 13.30 alle 16.30
This website uses cookies so that we can provide you with the best user experience possible. Cookie information is stored in your browser and performs functions such as recognising you when you return to our website and helping our team to understand which sections of the website you find most interesting and useful.
Cookie strettamente necessari
I cookie strettamente necessari dovrebbero essere sempre attivati per poter salvare le tue preferenze per le impostazioni dei cookie.
Se disabiliti questo cookie, non saremo in grado di salvare le tue preferenze. Ciò significa che ogni volta che visiti questo sito web dovrai abilitare o disabilitare nuovamente i cookie.