MASAMUNE E LA KATANA SAGGIA
Le storie vengono tramandate da generazioni a generazioni, cercando di tenere vivo i ricordi e la storia di ciò che è stato importante
Battaglie epiche da raccontare ce ne sono molte, Una di queste vuole uscire dalla mia mente, come un disegno di un pittore pronto a raffigurarla sulla tela. Così la mia storia vuole essere scritta, con velocità e fermezza come ciò di cui lei narra
C’era un tempo in cui le armi più mortali erano le frecce e le spade. Queste ultime brandivano i campi di battaglia con sibili, scintille e lampi degne di una giornata di tempesta. Il suono che emettevano quando venivano affondati i fendenti, era simile al sibilo del becco di un’aquila reale che fende l’aria in picchiata per ghermire la preda.
Era talmente palpabile e tangibile lo spostamento d’aria che sembrava una brezza di vento freddo che muove le chiome.
Ma le spade non erano tutte uguali, di aspetto simili, ma di ferro diverse, come nelle loro affilature
Esistevano spade antiche come la notte, luccicanti come le stelle e splendenti come la luna
Quelle di cui narro l’epica storia nacquero in Giappone, nella regione di Sagami, dove due maestri della forgiatura dovettero dar vita ad una sfida per stabilire chi tra i due fosse il migliore.
Tutte le sfide non portano mai a niente di buono e sano. Anzi, spesso creano dolore e dannazione. Soprattutto se vengono iniziate per invidia.
Masamune era un grande maestro di forgiatura, le sue Katane erano le più richieste in tutto il Giappone. Suo antagonista era Muramasa, meno abile nel forgiare, ma le sue spade, si diceva, erano talmente taglienti che niente poteva resistere.
Ma da li a poco, l’invidia di Muramasa per Masamune divenne fortissima, nei suoi occhi si vedevano le fiamme dell’odio verso chi era sempre ricercato per produrre qualcosa di speciale.
Una notte Muramasa non riuscì a prendere sonno, talmente era forte l’astio nella sua anima verso l’altro uomo; allora decise di mettersi a forgiare, battendo tutta la notte, raffreddando, scaldando a rosso fiamma, battendo ancora sull’incudine, affilando. Fino all’alba, quando al canto del gallo terminò la sua meravigliosa e nuova Katana, la Juuchi Fuyu (10000 inverni), la quale aveva una impugnatura molto bella, e una lama talmente lucente da poter abbagliare.
Si recò nella bottega di Masamune e gli lanciò la sfida, dicendogli che se fosse riuscito a realizzare una spada migliore della sua, lui se ne sarebbe andato per sempre dal paesino portando con se il disonore di avere perso.
Masamune, umile e calmo, rifiutò, in quanto disse che non voleva fare sfide e che la capacità di lavoro delle persone è paragonabile a ciò che realizzano, perché fondamentalmente l’arciere mira sempre a se stesso.
Muramasa, indignato per la risposta saggia e calma dell’uomo, agitò nell’aria la sua spada e tagliò con un fendente un pilastro che sorreggeva un lato della casa. Si udì stridere e scricchiolare, e subito Masamune vedendo la situazione di pericolo, corse su per le scale e andò a prendere moglie e figlio per farli uscire. Fece appena in tempo quando parte della costruzione cadde. Muramasa rise dicendo che la sua spada non avrebbe avuto rivali, e che lo sciocco Musamane era un vile e codardo.
Allora Masamune, non per vendetta ma bensì per senso del dovere, decise di accettare la sfida, ma con le sue regole. Le spade sarebbero state appese sul fiume con la testa immersa nell’acqua.
Muramasa era restio nell’accettare, in quanto avrebbe voluto un duello alla Samurai, ma poi, vedendo che l’uomo era irremovibile come una montagna, accettò.
Come giudice venne scelto un monaco che era in paese da tanto tempo, ultimo rimasto di una stirpe saggia.
Masumune chiese tempo per reperire il ferro necessario alla realizzazione della sua Katana. Messosi in viaggio, dopo qualche settimana ritornò nella sua bottega con delle strane pietre. Alcuni dissero che erano sassi scesi dal cielo nella regione di Tokaido, e che quando toccarono terra lasciarono un cratere infuocato.
L’uomo iniziò la sua opera, con movimenti delicati e dolci, degni di un danzatore, o di un maestro che illustra la forma del CHI.
Il ferro venne forgiato battuto e raffreddato per quasi 300 volte; si perse il conto di quanti furono i colpi dati con i vari martelli, ma dopo quasi tre giorni e tre notti di instancabile lavoro, il metallo veniva continuamente sovrapposto. Il figlio di Masamune chiese al padre che metallo era quello che stava usando e l’uomo gli rispose che erano frammenti di stelle mischiati a polvere cosmica e a profezie divine. Finalmente la Katana di Masamune, Yawaraka-Te (mano delicata) era pronta.
La sfida iniziò. La spada di Muramasa tagliava ogni oggetto che le si presentava, legni, sassi trascinati dalla corrente, e persino i poveri pesci.
Soddisfazione e ghigno maligno si vedevano sul suo volto.
Poi venne il turno della spada di Masamune, la quale non tagliò niente, ne foglie, ne legni, ne animali, il vento la faceva suonare emettendo una dolce melodia. E la tirò fuori dall’acqua, con la calma e tranquillità che contraddistingueva l’uomo.
I presenti mormoravano, confabulavano, facevano scommesse sul giudizio del monaco; questi si pronunziò, dicendo che la prima era indubbiamente più tagliente, ma nello stesso tempo portatrice di morte, in quanto poteva tagliare farfalle tanto come teste, senza distinguere ciò che è bene e ciò che è male, quindi una spada malvagia; la seconda invece è notevolmente più tagliente tra le due, danzando tra la natura e ciò che la circonda, distinguendo perfettamente ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, guidata dagli spiriti della luna e dalle forze della natura, senza uccidere o distruggere ciò che è innocente. Quindi è una spada saggia e per come esiste la saggezza dai tempi antichi, così la saggezza continuerà ad essere la più forte arma conosciuta.
Muramasa era rabbrividito, era impaurito ed anche sbigottito di ciò che l’altro uomo riuscì a realizzare. Osservante della sua promessa, con disonore per la sua malvagità trasferita nelle armi, prese le sue cose e se ne andò per sempre. Di lui non vi furono più notizie.
Mente Masamune continuò a fare ciò che sapeva fare meglio, creare armi con lo spirito della saggezza. La sua Yawaraka-Te venne soprannominata Katana Divina e fu richiesta dallo Shogun, con la quale vennero combattute tantissime battaglie, e la mano dello Shogun che la brandiva era sempre guidata dal cuore e dalla giustizia.
Finite le guerre la spada tornò nelle mani degli eredi di Masamune, fino a perdersene completamente le tracce.
Tranne che, un bel giorno, dopo il Vallo di Adriano in Britannia, un giovane scortato da pochi fidi e forti soldati e generali Romani, trovò una spada, che recava strane scritte in una lingua lontana, lucente, come se fosse appena stata lucidata, e che ad ogni soffio di vento emetteva melodie, e una farfalla spostata da una folata sopraggiunta in quel momento, lanciata verso la lama, invece di tagliarsi ci si posò con calma sopra, una spada che recava altre scritte, Cesarea, la spada dei Cesari, meglio conosciuta anche come Excalibur, ma questa è un’altra storia……