LA VITA POSSIBILE. E’ POSSIBILE.
Ebbene! Non si inizia mai un articolo con una congiunzione, sta quasi male, ma e’ cio’ che penso dopo aver visto, oggi pomeriggio in anteprima, come si parla di violenza contro le donne senza passare morbosamente dal buco della serratura, ma con delicatezza e rispetto. Senza mostrare il sangue, ma il dolore profondo e lo sgomento senza giudicare, o colpevolizzare, l’angoscia ma non l’odio. Inno ai sentimenti, nonostante l’argomento, alla solidarietà femminile , al coraggio di una donna e all’amore per suo figlio e alla voglia di ricostruire una vita lontano dalla violenza.
“LA VITA POSSIBILE” di Ivano De Matteo, scritto con Valentina Ferlan e interpretato da Margherita Buy, Valeria Golino,Andrea Pittorino, Caterina Shulha, Bruno Todeschini
Dichiara Ivano De Matteo: “Quando abbiamo deciso di fare questo film venivamo da tre film con una storia di famiglie apparentemente normali che andavano verso la distruzione e qua volevo fare il contrario, una famiglia distrutta che va verso la ricostruzione. Lo spunto è venuto dalla storia di una conoscente della mia compagna, che ha subito dieci anni di violenze con un figlio ancora più piccolo di quello del film. Non volevo fare un film sulla violenza sulle donne che fosse voyeuristico e che mostrasse quella violenza, volevo raccontare cosa accade dopo.”
Un vero pugno allo stomaco per iniziare in modo impattante ma poi il film scivola su altre chine andando a sottolineare svariati aspetti psicologici che s’intrecciano e si rincorrono in situazioni così delicate che non sembra un film che parla di violenza contro le donne. In effetti non parla di questo….parte da questo per parlare di coraggio e di rinascita.
Benché e’ incentrato sul dolore profondo e nascosto di Anna, le scene si susseguono su note di positività inframmezzate a dubbi e pensieri, crescita personale e introspezione. Pian piano la storia si snocciola e sembra quasi che la pellicola prenda luce, dopo il buio e la fuga da casa. Quella casa familiare diventata una gabbia, neanche tanto dorata.
All’apparenza sembra Valerio, l’adolescente strappato da casa e dagli amici e catapultato in un’altra città, Torino, a fare le spese di questa situazione. Sicuramente nel momento delicato della crescita, una situazione simile e’ uno sconquasso emotivo e ricco di solitudine, per il giovane figlio dell’orco e anche quello più a rischio di sbandamento. Anna, la madre, dopo aver preso la decisione di scappare e’ una donna forte che mira solo a ricostruire, per sé e per il figlio, una nuova vita e un’armonia familiare, perche’ una donna e un figlio sono una famiglia!
Quando chiede aiuto per Valerio ad una Associazione le viene detto che essendo un minore ci vuole il consenso firmato del padre. Purtroppo questo dice la legge. Che paradosso! E’ SCAPPATA, forse non e’ chiaro!
Spesso Anna e’ pensierosa, silenziosa, osservatrice di ogni movimento del figlio spaesato, lei sembra assente in alcune scene, ma nella realta’ riflette silenziosa alla ricerca di una soluzione , si rimbocca le maniche e trova un lavoro, l’unico possibile. Pulizie serali nella nuova università di Torino.
Unico lavoro possibile = pulizie! 45/50 anni puoi sperare in un lavoro migliore?
Nel marasma di ricominciare, Valeria Golino e’ l’amica esuberante che porta note di allegria ma con discrezione e che offre ospitalità incondizionata. Anche fuori scena.
Piano piano, accompagnata dalla colonna sonora e dalla splendida fotografia, tra “ti odio” di Valerio ad Anna, e la sua pazienza infinita ricca di preoccupazioni e speranze, la vicenda si sviluppa verso la vita possibile.
Ricordo “ti odio” di mia figlia.
Cosa si prova?
E’ inimmaginabile lo squarcio nel cuore che quel falso odio urlato addosso e ricco di accuse silenziose provoca, e quanta forza ci vuole per non cedere, per non tornare sui propri passi consapevoli di aver fatto la scelta giusta ma che i figli comprenderanno solo molto poi, anni dopo e, forse, solo quando saranno genitori o mogli e mariti.
Sei tu la picchiata, non i bambini; gli hai tolto un padre.
Se, invece, decidi di scappare da sola, non sei una madre. Hai abbandonato i tuoi figli, sara’ piu’ facile riprendersi una vita, ma sei giudicata, da nessuno escluso, UNA PESSIMA MADRE.
Quante volte viene in mente che ti possano portare via i figli, lui o gli assistenti sociali. Se non hai soldi, casa, lavoro i figli te li tolgono e magari li danno a lui che e’ un violento; ma ha un lavoro, una casa, soldi.
Ricordo il panico, l’incredulità, l’incapacità di un confronto dialettico che si tramutava in schiaffi e predominanza fisica. Ricordo anche molto bene, come fosse oggi, le offese di “madre di merda incapace perché affetta da cancro intellettivo”. Ricordo altrettanto giudizi scritti dalla sua nuova compagna, offese e frasi tipo….non ho voglia di ricordarle! Non sono rimosse, ma non fanno piu’ tanto male.
Vorrei capire come può un essere umano offendere in continuazione, sempre e comunque. Dov’è il rispetto tra coniugi? Sposati in chiesa o civilmente e’ uno dei cardini del matrimonio raramente rispettato.
Se lavoravo ero una “madre di schifo perché non pensavo ai figli”, se non lavoravo ero una “nullità professionale” ma comunque una “madre incapace” e, in ogni caso, non potevo decidere nulla non contribuendo economicamente, anzi, dovevo sempre chiedere per favore o portare un preventivo per una qualsiasi spesa, e attendere il benestare.
Come fa un uomo a svilire in ogni caso il ruolo della propria compagna. Dice bene una signora tra il pubblico, durante la conferenza: bisogna costruirsi un’indipendenza economica. E’ una delle poche “salvezze” in questi casi di soprusi e violenze domestiche. Se scappi, quanto meno, riesci a mantenere te e i tuoi figli. Puoi cercare una casa, fare la spesa e pagare le bollette.
Molte donne non scappano di casa perché non hanno un soldo di loro; restano ingabbiate tra paure e dipendenze e nemmeno se ne accorgono. Perdono la capacità di razionalizzare, abituate ad una quotidianità di denigrazione; goccia dopo goccia anche la roccia si erode.
La sindrome di Stoccolma non e’ una situazione così rara, anzi. Altre, sperano che il padre dei propri figli possa cambiare, possa crescere, abbandoni Peter Pan e diventi un uomo, un marito e un genitore.
Resto ammutolita ad un pubblico in sala che tra un mormorio e l’altro giudica donne che hanno subito per 10-20-40 anni. Ma come fanno a giudicare senza sapere in che labirinto le stesse sono finite? In quale fragilità sono state condotte fino a non aver più opinione di se stesse, a furia di sentirsi dire che sono niente, sono diventate niente. Annientate e senza amor proprio.
Dice bene Ivano De Matteo , per scrivere questo film con Valentina Ferlan ha fatto un anno di indagini parlando con psicologi e psichiatri anche infantili, ha letto atti e denunce e ha ascoltato testimoni, non ha voluto entrare nei dettagli della vita delle donne intervistate ma ha scoperto un mondo parallelo. Ossia una realtà vera, sconcertante ma una realtà in cui numerosissimi sono i casi di violenza domestica, soprusi, denigrazioni. Come uomo, come regista, come padre non riteneva fosse possibile un mondo parallelo dove la quotidianità e’ così inquietante, annientante. Anche Margherita Buy, prima di girare il film, non immaginava conoscenti e amiche in questa situazione e, sbigottita, afferma che sono state tante le testimonianze vicino a lei.
Quante donne prendono botte evitando che un padre violento, o ubriaco se la possa prendere con un bambino. Molte sono indotte alla prostituzione, oppure vengono violentate dagli stessi mariti. Paradossalmente a volte possono anche essere consenzienti per cercare di calmarlo, di renderlo piu’ docile, per evitare lividi o tagli o altro. La cronaca ne e’ piena.
Quante ridotte ad uno straccio vivente non hanno la forza, la voglia, l’energia per scappare, ribellarsi, risollevarsi, ri costruirsi. Guai a loro poi, se avvilite da un rapporto senza rispetto riescono ad innamorarsi di un altro. E’ la fine.
Chiedono a Valentina Furlan in che modo il suo lato femminile ha contribuito all’anima del film. Risponde quante volte , anche non volendo, può far male un uomo.
Banalmente mai sentita la frase ” anche se sei grassa ( o magra), ti amo lo stesso”? Quanto ferisce?
Dopo 17 anni di lotte in tribunale, dove ho subito la qualunque non solo dall’ex marito ma anche dai giudici stessi incapaci di verificare le carte, la documentazione cospicua, le macroscopiche palle messe nero su bianco da avvocati avversi, nonostante l’evidente ragione ( c’e’ da farsi qualche domanda in merito) ancora non abbiamo finito, io e i miei figli, di lottare per una giustizia che meritiamo, per una dignità di vita a cui abbiamo diritto.
Ma per me e loro, la vita possibile e’ possibile.
Con tanta difficoltà, molte preoccupazioni e angosce siamo ancora in piedi e scollegati dalla “sua” quotidianità che, altrimenti, ci opprimerebbe, ci minaccerebbe, ci colpirebbe inesorabilmente creando più danni di quelli già causati e i cui segni restano tangibili dentro tutti noi tre.
E siccome la vita possibile e’ possibile, sono diventata di recente responsabile della Lombardia per Bon’t Worry creata da Bo Guerreschi che si batte contro la violenza sulle donne e sui bambini con l’intento e l’energia per ridare una vita, una dignità alle vittime.
Un Freccia Rossa in corsa contro la violenza di genere
Progetti di legge basati sull’esperienza fatta per le strade e gli ospedali intervenendo 24 h su 24 su casi di cronaca. Soccorso e assistenza psicologica e legale; creazione di posti di lavoro, progetti di recupero e di economia sociale; apertura di più sedi a Roma e Milano e a breve a Londra e New York affinché la Onlus diventi un’ancora di salvezza e di speranza per un futuro decisamente migliore; una macchina che macina chilometri per una vita possibile .
Perché sono stata scelta io? Perché prima mi hanno aiutata e conosciuta; perché non sono annientata ma, anzi, da anni combatto da sola contro un ex marito incosciente, egoista, incapace di fare il padre, bipolare ( e quindi in grado d’ingannare chiunque, ma ormai non piu’ me; in grado di mandare lettere di scuse pentite ma decidere lui quando mi era concesso leggerle) e combatto contro una legge sbagliata e con tanti buchi o contrasti e molto poco sensibile sia ai minori che ad una donna che vuole separarsi.
Quando una donna si sfoga, so di cosa sta parlando, una volta ero io al suo posto. Conosco molto bene quel labirinto e quelle dinamiche che incastrano, i ricatti e le molestie, le vendette, le intimidazioni, le denigrazioni, le minacce, le azioni per far crollare psicologicamente; per non parlare dei ricatti economici. 17 anni di mail e di offese a cui non rispondo neanche più.
Inoltre, ormai, comprendo alcuni profili maschili, alcune dinamiche dei loro atteggiamenti, posso permettermi di dire: “ Stai attenta” ad un’altra donna e metterla in difesa o cercare di aiutarla anche solo ascoltandola……anche alle 3 di notte ed e’ successo di recente.
La Presidente di Bon’t Worry e’ una donna che ha subito tantissimo a sua volta; e’ una donna che non si ferma davanti a nulla ed e’ una guida senza la quale non esisterebbe l’unica Associazione contro la violenza sulle donne e i bambini che non specula sul dolore altrui e non accetta compromessi di sorta e lavora incondizionatamente per proteggere le proprie vittime (attualmente 62 donne e 12 bambini). Bo Guerreschi dopo le violenze subite ha scritto un libro sulla sua vicenda; ancora oggi e’ sottoposta ad interventi per riparare i danni subiti.
Bo(h). Non si deve sempre morire per essere ascoltate: Testimonianze