Pirandello? No, curare la vita con la vita
UNO, NESSUNO E CENTOMILA.
Non so se tutto cio’ abbia un senso oppure no, ma secondo me si. Mi sono imbattuta, no! Mi sono scontrata, nemmeno! Mi e’ piovuto dal cielo, neanche!
In fondo l’ho cercato, ecco, forse la verita’ e’ proprio questa. Una ricerca inconsapevole, inconscia, ma una ricerca. Altrimenti non riuscirei a spiegarmi come mai mi trovo tra le mani CURARE LA VITA, CON LA VITA, proprio adesso.
Già il titolo la dice lunga.
E già! E’ facile, cosa ci vuole. No, un attimo!
Curare la vita cosa s’intende’ che la vita e’ malata? Si in fondo la vita e’malata, sfido chiunque a dirmi che la vita e’ rose e fiori.
Perche’ e’ malata? Perche’ ce n’e’ sempre una. Voglio ancora incontrarla la persona che ha una vita così bella, senza problemi, piena di soldi, successo, e tutto fila liscio.
Proprio l’altro giorno guardavo un programma in tv che parlava delle morti delle star. Vogliamo parlarne? Cosa mancava alla splendida Marilyn, o a Prince o a Amy Winehouse. A vedere dall’esterno, un bel nulla, ma e’ ovvio e palese che non sia stato così ed e’ lampante quanto le loro vite fossero davvero profondamente infelici. Solo il farsi coinvolgere dalle droghe senza più essere se stessi fino a morire puo’ far capire come un essere umano sia fragile a tal punto da desiderare di non essere piu’ consapevole, a voler non essere.
Perché una volta che si muore si e’ risolto tutto? No! E’ che non c’e’ più niente, non c’e’ più da risolvere, non c’e’ più vita.
Ecco perche’ la vita e’ malata, a parer mio. E quindi come la curi la vita? Imbottiamoci di psicofarmaci; andiamo a fare gli eremiti fuori da questa societa’ schifosa che ci rifiuta perche’ siamo troppo belli, troppo brutti, troppo ricchi o troppo 1000 altre cose. Curiamo la nostra vita scappando, trovando tante scuse.
“e’ solo la vita che puo’ curare la vita”.
Benedetto Croce
Apro il libro, guardo l’indice: singolare!
Alcuni paragrafi m’incuriosiscono subito e vado alla pagina e inizio a leggere…….non capisco nulla. Ho troppa fretta.
Mi fermo, prendo dei post it e un evidenziatore e…. inizio a mangiarlo questo libro.
Sottolineo, metto linguette fuxia, ma non mi sento tanto bene.
Troppi input in brevissimo tempo. Adesso ho la conferma.
Non e’ la prima volta che affronto questi argomenti che riguardano lo studio del ragionamento, il potenziamento di se stessi, nella ricerca delle capacità di ognuno di diventare protagonista della propria vita. Arrivo all’approccio sempre diffidente, poi m’incuriosisco e mi sento partecipe fisicamente e emotivamente e ho la sensazione di entrare in un circuito che mi coinvolge totalmente.
Sento nella testa come se avessi una biglia di un flipper che inizia ad andare da una parte all’altra del pensiero, da una riflessione all’altra fino a sfinirmi.
Mi fermo, devo metabolizzare la simbologia utilizzata per assorbirla farla mia e renderla fruibile, ossia veritiera di una soluzione di ragionamento che mi rivela qualcosa di fondamentale.
Nella realta’ mi rendo conto che era li’, a portata di mano, bastava soltanto girare lo sguardo da quella parte per scorgerla e per esserne totalmente affascinata per la sua rivelazione e, in fondo, per la sua semplicita’.
Maria Cristina Koch, autrice di CURARE LA VITA CON LA VITA, avvisa i naviganti del testo (perche’ e’ una navigazione, con mal di mare e avvistamenti e isole che emergono dall’acqua all’improvviso), “Ipertesto”, così lo definisce, che ha immaginato di scriverlo affinche’ il lettore possa apprenderne gli stimoli per poi montarli e smontarli a suo piacimento. E solo leggendo mi rendo conto cosa voglia dire e quale sia la sua sfida.
Sono irrequieta, leggo un capitolo, mi alzo, vado a prendere un bicchier d’acqua e sento che la mente parla con se stessa e con me, dalla scrivania alla cucina e ritorno.
Continuo a leggere affamata. Mi rialzo scattando dalla sedia….non e’ possibile, ma come ci riesce?
Continuo, mi emoziono e mi commuovo.
E’ pazzesco. Sento la mente scendere in una profondita’ interessante, non sconosciuta ma solo svelata e riconosciuta.
Aprire la mente, questo sta succedendo. Banalmente questo.
Non che prima non mi succedesse ma, come nella vita di tutti, si e’ coinvolti dai ritmi della quotidianita’ che spesso non concedono spazi, neanche per pensare. Metti il turbo e vai.
Non leggevo un libro da un secolo, per esempio. Mancanza di tempo oppure tanta stanchezza. Quando vado a dormire, mi basta appoggiare la testa sul cuscino che parto per la tangente del sonno, stanco e senza sogni; non arrivo alla fine di una pagina e, se ci riprovo il giorno dopo, mi tocca rileggere le mezza pagina del giorno prima col risultato analogo di crollare a meta’.
Per cui dopo vari tentativi ho desistito, il libro, qualsiasi esso sia, non procede rimanendo a pagina 1.
Adesso, con questo libro tra le mani, la mente si sofferma pungolata da imput naturali e stupefacenti, basta ascoltarli e sento il cervello aprirsi a nuovi orizzonti e confini.
E’ fantastico! E’ come bere un paio di bicchieri di Sassicaia a 14°
Quasi due anni fa mia figlia si era iscritta a scienze della formazione. Aveva scelto accuratamente il suo percorso di studio mostrandomi tutti i corsi che avrebbe fatto per l’interesse scaturito in lei di psicologia, filosofia, pedagogia. Ero molto fiera di questa scelta e , conoscendo la sua fame di sapere, pensavo fosse il percorso che le calzava a pennello. Questa ingordigia era dettata da anni di fame, curati in ospedale affinche’ non morisse, e da psicoterapia serrata per aiutarla a riconoscere e sconfiggere i fantasmi dentro di lei.
Il percorso universitario, pian piano, alimentava la curiosita’ e apriva la mente, mettendo in un angolo le sue dipendenze. Constatavo che, di giorno in giorno, le chiacchiere con lei erano passate dalle calorie a Freud, Fromm, Lacan, Camus, Sartre, Hannah Arendt, Kierkegaard , Schopenhauer, Foucault, la condizione umana, la filosofia della prassi umana. . Ero grata che questi filosofi, psicologi alimentassero il suo cervello scacciando in un angolo tutte le manie e persecuzioni che la mente aveva ospitato fino a quel momento.
Addirittura mi torturava, appena sveglia al mattino, parlandomi di Freud e delle scoperte, che studiandolo, aveva fatto. Devo ammettere che alla terza mattina consecutiva in cui alle 6,30 mi voleva raccontare cosa sosteneva FreudFrommLacan & company avevo chiesto pieta’ per il mio cervello.
Ci facemmo una lunga e sonora risata. Io fui salva, le mie orecchie pure e il mio cervello anche….ma solo fino a cena!
Le si stava riaprendo il cervello ed era pronta ad accogliere informazioni utili a riaccendersi alla vita.
E’ quello che sta succedendo a me. Riaprire il cervello alla riflessione e questo mi fa vedere la vita in tutt’altro modo e con altre prospettive
Maria Cristina Koch ha studiato una vita perche’ a me succedesse questo e succedesse oggi che la vita mi e’ diventata pesante e ostile.
Mi racconta che aveva 18 anni quando entro’ in aula dell’universita’ per una lezione di fisica e lesse “Triste è quel discepolo che non avanza il suo maestro..”Leonardo Da Vinci e penso’ “questo voglio fare nella vita! Mettere a disposizione degli altri le cose che ho sperimentato”.
“Ossia, ho questo giocattolo x le mani ( la mia vita, le cose che ho studiato, scoperto, le esperienze attraverso gli altri, gli incontri, i viaggi. L’Africa!) Le racconto e poi vedo le persone che uso personale ne fanno “
……parla di un giocattolo, a parer mio per due motivi:
uno potrebbe essere il cubo di Rubik ( tanto devi provare fino a trovare la soluzione delle 6 facce i cui 9 quadratini hanno lo stesso colore)
L’altro e’ cercare di prendere le cose con ironia, allegria, positivita’, sfida come in un gioco a due tra te e te stesso.
Vi racconto un pezzetto di “Curare la vita con la vita”
“Uno, nessuno e centomila”. (Pirandello? No. Curare la vita)
………c’è uno slogan che ha un grandissimo successo: “Essere se stessi”. Suona bene, sembra molto chiaro, immagina delle verità e delle identità, guida affidabile nei marosi dell’esistenza.
Sintetico e vibrante, ci sprona a drizzare la schiena, ad avviarci a passo sicuro nel sentiero della nostra esistenza.
Ma lo scintillare di questo motto da ricamare sul petto per potersi pensare cavalieri senza macchia, è uno scintillio truffaldino……..
Che cosa mai significa “essere se stessi”?
In un seminario di tanti anni fa sulla comunicazione, uno psichiatra partecipante tentava di negare il successo palese di un esercizio di induzione di comportamento avvenuto il giorno prima: sì, certo, era vero, si era mosso effettivamente in quel tal modo ma era confuso, forse era anche distratto, insomma ieri non era se stesso. Il docente lo considera con attenzione, siamo tutti sospesi in silenzio, poi si china verso di lui e, incuriosito, gli sillaba sul volto: e quando tu non sei te stesso, chi sei?
È una di quelle scene che conservo come icona, nel reliquiario dove ammasso i reperti che il mondo e l’esistenza mi offrono e mi permettono di utilizzare.
A fianco di questa, un foglietto: Snoopy che sentenzia:
nessuno è perfetto, ma chi vuol essere nessuno?
Essere se stessi, appunto, uno slogan fortunato, mi ricorda il bombastium di un vecchissimo racconto di Paperino, una sostanza magica e misteriosa che, aggiunta in un contenitore qualunque, ne trasformava il contenuto nel cibo preferito da chi lo aggiungeva. Oppure lo sciroppo per la tosse di Mary Poppins che cambiava sapore a seconda del bimbo che lo ingoiava ma restava prelibato per ciascuno.
Non voglio negare che lo slogan abbia potuto avere effetti brillanti, ispirare coraggio, suggerire fermezza, rafforzare qua e là caratteri insicuri: la capacità suggestiva è esattamente qui.
Poiché non vuol dire nulla di preciso ma ha una forte attrattiva, lo slogan viene riempito di significato da chi lo prende in considerazione, lo traduce in una esortazione che poi segue.
Lo sforzo di padroneggiare sentimenti o timori, la soddisfazione di esserci riusciti, rientrano in circolo a riempire ancor più di rinnovato valore lo slogan stesso.
Ma se fa bene, perché attaccarlo, perché svilire a slogan un’esortazione che sembra parlare d’etica?
Beh, ha effetti collaterali pesanti, impone l’adesione a presupposti non criticabili.
Molto semplicemente, “essere se stessi” presuppone che ciascuno di noi abbia almeno un sé più vero e più sé degli altri.
Vero in quanto unico, il volto di sé.
Ecco, a me questo presupposto pare fin pericoloso perché civetta con l’idea di un pensiero unico più vero e più giusto degli altri. E questo mi spaventa ……………..
( pag.22)
Ho scelto le parti piu’ esaustive di questo paragrafo,che si puo’ scaricare gratuitamente su
E leggerlo per intero, ma tanto basta per iniziare a pensare . A me ha creato subbuglio tutto ciò, ma attraverserò questo libro , voglio vedere dove mi porta.
“La cosa piu’ affascinante e’ vedere le persone come useranno questo modo di ragionare e approcciare alle cose della vita.”
Maria Cristina Koch
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