RICORDO ANCORA QUEL GIORNO IN CUI LA MIA VITA E’ CAMBIATA.

RICORDO ANCORA QUEL GIORNO IN CUI LA MIA VITA E' CAMBIATA.

RICORDO ANCORA QUEL GIORNO IN CUI LA MIA VITA E’ CAMBIATA.

Come sempre uscivo di casa presto per andare al lavoro, ricordo che quello era un dicembre freddo, tanta nebbia, ed a sprazzi anche neve. Io ero soltanto un commerciante che aveva una libreria vecchia come il tempo, tramandata da generazioni; io la ereditai da mio padre, e lui prima di me dal suo, e così per circa nove generazioni. Avevamo libri il cui valore era la polvere che li ricopriva. La sera si rientrava sempre tardi, non prima delle 22. E la mia cara e dolce moglie, i miei due figli, il cane ed il gatto, mi accoglievano con calore come si fa con una persona che si ama.

RICORDO ANCORA QUEL GIORNO IN CUI LA MIA VITA E' CAMBIATA.

Mancavano due giorni al Natale, lo ricordo bene perché Josephine, mia moglie, mi ricordò che dovevo passare a ritirare il tacchino da preparare, altrimenti saremmo rimasti sprovvisti. Quel giorno nel negozio accadde una cosa strana. A metà tarda del pomeriggio sentii aprire la porta, la campanella appesa suonò, ma in modo più armonioso del solito, non con quell’acuto scampanellio che in genere si sente. Mi girai in quanto ero di schiena all’ingresso e vidi un signore distinto, barbuto, con degli occhiali che facevano capire di aver visto tantissime albe e tramonti; pensai potesse avere all’incirca settant’anni. Robusto ma non grasso, un robusto di quelli tonici. Vestito in stile lord inglese, con addirittura i calzettoni sopra ai pantaloni come non vedevo da anni, ed uno strano berretto con il ponpon al centro. Elegantemente eccentrico. Aveva con se un cofanetto in legno molto bello, oserei dire di gran valore. Si avvicinò al bancone e con voce calda e rasserenante mi salutò.

“Buona sera mio caro amico, mi chiamo Tasan Lusac, e vengo da molto lontano; mi hanno detto che questa è la più antica e storica libreria della città.”

Io guardandolo ancora un po’ sorpreso per l’abbigliamento risposi ” Salve egregio sig. Lusac, io sono Charles Webson, proprietario di questa antica e storica libreria passata da generazioni in generazioni. E lei è proprio nel posto giusto”.

Dopo uno scambio di convenevoli e di spiegazioni sulla mia attività e su ciò che il magazzino contieneva, Lusac mi disse che voleva donare un libro antico, quasi magico, che poteva infondere gioia a chi lo avesse iniziato a leggere e, che chi sarebbe stato interessato ad intraprendere la semplice lettura, non avrebbe potuto fare a meno di continuare immergendosi in un mondo meraviglioso.

Stupito, presi in mano il cofanetto in legno intagliato con disegni fantastici che sembravano raccontare una storia, lo aprii, e dentro vidi una copertina stupenda, di una lucentezza fantastica, la quale trasmetteva ai miei occhi un “Magico” interesse. Lo presi in mano ed anche in quel frangente sentii un calore strano che stava irrorando tutto il mio corpo. Guardai il sig. Lusac e gli chiesi quanto volesse realizzare per il libro, e lui mi disse “Niente, niente caro Charles, so che ne farai buon uso, e che un giorno saprai come ricompensarmi per questo; ora, amico mio conosciuto da sempre ti devo salutare in quanto il mio tempo sta per finire.” E si allontanò facendo una strana risata, che in quel momento seppur conosciuta non avevo capito e riconosciuto.

Incuriosito da questa strana vicenda, riposi il libro nella sua custodia e quando chiusi il negozio me lo portai a casa.

Finito di cenare, seduto sulla poltrona davanti al camino scoppiettante che dava un calore intenso, presi il libro e, i miei due figli, Cathrin di 12 anni e Joseph di 10, vedendo lo splendore della copertina, corsero verso di me e si affossarono ai lati chiedendomi di fargli leggere il libro. Io allora con voce impostata iniziai la lettura.

Dall’euforia in negozio non mi resi nemmeno conto del titolo riportato in scrittura dorata “White Christmas”.

Aprendo la copertina iniziando la prima pagina, tutto sembrava scritto a mano in corsivo come si usava nei tempi passati, su una carta di pergamena simile alla seta, con immagini quasi reali.   La storia era ambientata al polo nord, e non riuscivo a fermarmi, catturato come per magia dalla lettura entusiasmante, così come i miei figli abbracciati a me pendevano dalle mie labbra per il bel racconto. Ad un certo punto, dopo circa una ventina di pagine, ci sentimmo tirare in un vortice e fummo dentro la storia, ci ritrovammo al Polo Nord, dove nessuno potrebbe crederci, ma eravamo davanti all’ingresso della casa di Babbo Natale.

Non riuscivo a smettere, continuai la lettura in quanto travolto da una sensazione di benessere, suoni di campanelle che non udivo da tantissimi anni. Entrammo nella casa, la quale era solo la porta per qualcosa di più grande, la fabbrica dei giochi di Babbo Natale. Elfi, folletti, personaggi strani, la Primavera, l’Autunno, L’inverno, l’Estate, padre tempo, madre natura, il coniglio pasquale…..e molti altri ancora. Ad un certo punto mi sentii chiamare. “Ben arrivato Charles, ti stavo aspettando” Mi girai assieme ai mie figli e vidi un uomo che mi ricordava qualcuno, ma aveva una barba bianca lunga ed una capigliatura altrettanto bianca e lunga, vestito di rosso con stivali neri lucenti. Era proprio Babbo Natale.

Stupito, senza parole, rimasi imbambolato come uno sciocco mentre i mie due fanciulli gli corsero incontro abbracciandolo alle gambe. Lui felice, li prese entrambi in braccio e gli chiese se volevano dei dolcetti, e a me chiese se volessi una cioccolata calda. Ormai in balia di tale benessere annuì. Passarono ore ed ore, senza però che il tempo trascorresse, e non ne capivo il modo.

Arrivammo successivamente camminando con Babbo Natale in un altro posto molto più magico, che mi fece veramente tornare bambino procurandomi lacrime di commozione: la rimessa con la slitta di Babbo Natale e le sue magnifiche Renne.

Ci raccontò che tutti coloro che avevano il cuore buono, l’animo gentile e si fossero sempre comportati bene, avrebbero sempre ricevuto qualche dono anche con il passare degli anni, perché il dono da bambini è un regalo che ci permette di giocare e crescere, ma man mano che il tempo passa e si diventa adulti, il regalo si trasforma in occasioni, in situazioni, in premi, in vita, che dobbiamo solo capire ed afferrare. Perché la gioia immensa della vita è già uno dei più bei regali che possiamo avere. A quel punto ci riportò con un battito di mani alla sua casa da dove eravamo entrati, ci regalò tre bellissime palline di natale con dentro la neve e salutandoci, ci ritrovammo come per magia sulla nostra poltrona, davanti al caminetto. E il libro era finito con una risata, quella risata che sentii il pomeriggio nella mia libreria fatta dal sig. Lusac.

I miei figli erano felici come non li avevo mai visti, e raccontarono la storia a Josephine, la quale inizialmente era incredula; vedendo poi le stupende sfere innevate di cristallo, e sentendo anche la mia storia e vedendo il mio viso così lucente, si commosse di gioia per quello che era accaduto.

Ebbi una illuminazione, presi un foglio di carta e scrissi il nome ed il cognome del distinto signore che mi diede il libro: Lusac Tasan, che anagrammandolo mi diede Claus Santa.

Tutto incredibilmente vero, strano, fantastico, ma vero.

Allora capii cosa dovevo fare con quel libro, regalarlo a chi non credeva più nel Natale, nel miracolo della vita, in qualcosa di bello che quando meno ce lo si aspetta accade.

RICORDO ANCORA QUEL GIORNO IN CUI LA MIA VITA E' CAMBIATA.

E mi ripromisi di concederlo a chi ne avrebbe fatto buon uso, che lo avrebbe fatto girare tra le persone che ormai avevano perso ogni speranza nei miracoli. E così feci, donandolo a chi conosce meglio di tutti le persone della nostra città, il parroco della parrocchia principale della nostra grande città. Raggiunto la chiesa, lo feci chiamare e sul selciato lo incontrai; c’era buio e nebbia, lui ascoltò con gioia il mio racconto, e alzando gli occhi al cielo ringraziò i santi per questo dono, mi salutò ringraziandomi dicendo che ne avrebbe sicuramente fatto buon uso e io, con gioia e felicità, mi allontanai nella fitta nebbia che mi inghiottì, facendomi sparire all’orizzonte.

Oxford Brogue

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