Sono rimasti tutti attoniti, come il resto del mondo, di fronte al vuoto del tempo sospeso, ma si sono ripresi, e con un ‘energia creativa trasformata, non hanno mai abbandonato la nave della moda.
Un intervallo cosi forzato non si era mai verificato nella storia, ma i naviganti del fashion, dopo una breve pausa a marzo al primo confinamento, hanno proseguito la loro rotta a vista.
Hanno avviato una profonda riflessione sui desideri del mondo di oggi, ridefinito gli obiettivi poi, piano piano, è tornata la primavera.
Hanno visto dalle finestre della loro immaginazione volare gli uccellini dagli alberi in fiore sotto un cielo sempre più azzurro, sotto un sole ancora più mediterraneo. Invece di rallentare la corsa, hanno preferito rimboccarsi le maniche, radunare in multischermi le loro squadre, pronti a risvegliare il mondo della fabbricazione artigianale, avviare tutti insieme per la bella stagione, colori dolci, motivi floreali e riprogrammare la bellezza.
Con il telelavoro, hanno abolito le distanze, rinnovato le strategie, si sono inventato nuovi format sul digitale, hanno fatto giochi di prestigio e tirato fuori nuovi modi di presentare le collezioni senza sfilate in presenza.
Ma non è finito qui, hanno dovuto far fronte alle battaglie dell’ambiente, e per non fermarsi nel mondo di prima, si sono uniti tutti, giovani stilisti e grandi couturiers per contrastare i tempi tenebrosi con forza e determinazione e riuscire a tirar fuori questa “stagione floreale”. Le energie si sono sommate per far germogliare ancora più ottimismo e arrivare a ricreare il mondo del fashion.
Le loro preferenze si sono concentrate sulla rosa, hanno declinato sfumature di ogni genere, motivi artistici, evocato il soffio della natura, per arrivare alla rinascita, forse inventando una nuova versione del Rinascimento
Questa primavera che spunta, l’hanno colta al volo così bene, che è stato come voler far arrivare un messaggio di speranza e di fiducia anche al mondo dell’Arte e della Cultura.
di Michelle Kling Hannover – 10.03.2021
Michelle e’ una donna dall’eleganza raffinata e ha la passione dei fiori e del loro significato. Ne apprezza la bellezza e la delicatezza e le infinite sfumature cromatiche. Nelle forme e composizioni di fiori ama la raffinatezza degli accostamenti e ne parla con grande fascino. 50annieround
Rosa Simensis, China rose , un nome sontuoso per un fiore che è l’emblema delle isole Hawaii, ma chiamato anche Rose Mellow perché appartiene alla famiglia della malva , piccolo fiore viola che in greco si traduce hibiscus .
Questa bellissima campanula del Sud offerta in Giappone per dare il benvenuto agli ospiti è sempre più colorata, “bariole” e come se l’avesse decorata un pittore naturalistico che ne celebra la bellezza.
Fu proprio Ghislain De Busselecq , ambasciatore delle Fiandre alla corte di Solimano il Magnifico a Costantinopoli, nel XVI, e studioso di botanica, a portare il fiore in Europa.
I suoi 5 petali delicati uniti alla base a tromba e impreziositi da un pistillo che spunta e ne prolunga lo stile, bianchi significano purezza e illuminazione interiore, viola sono simbolo di ricchezza.
Nell’era vittoriana sono il simbolo di 5 qualità: felicità, unità, purezza, pace e bellezza .
In quei tempi , se offerto alla donna amata era un messaggio di ammirazione per dire: sei bellissima.
Se risaliamo all’antichità, il famoso medico Dioscoride attribuì delle virtù terapeutiche alla pianta.
Ma ancora prima i faraoni egiziani sorseggiavano il karkadè , tisana afrodisiaca di fiori d’ hibiscus dal sapore acidulo e ricca di vitamina C , serviva a rinvigorirsi dal caldo del deserto. Se vogliamo preservarne tutte le sue qualità, deve essere preparata in una pentola rivestita di smalto .
Il colore rosso della bevanda usata al posto del vino in America durante la proibizione, e in Giamaica mischiata al rum, ci ricorda che si usa il fiore come colorante alimentare e per tingere i capelli, insomma un fiore dai molteplici usi , perfino i calici si possono mangiare come spinaci.
Fragile , perché non dura molto ma anche simbolo d’immortalità, nell’inno nazionale della Corea del Sud è paragonato alla patria.
IL fiore dal bocciolo arrotolato delicato come un velo di mussola di seta , nei quadri di Gauguin esprime un messaggio d’amore. L’artista del post impressionismo che ha vissuto un periodo a Tahiti per inventare una nuova filosofia con profumi, colori e suoni nuovi , dipinge le donne della Polinesia con un hibiscus all’orecchio , appoggiato a destra significa che la donna è sposata, invece se posto a sinistra è libera.
In Oriente si offre un Hibiscus per fare una proposta di matrimonio.
Amare i fiori è uno stile di vita , attribuiti spesso a un colore, tutti hanno un linguaggio e ci fanno ricordare l’amore nelle sue ricche sfumature, la bellezza ma anche l’ottimismo e la speranza che la natura ci offre quando rinasce ogni giorno e in ogni stagione.
Le foto sono state gentilmente date da Domenico F. Ed. Fiore che ha nel suo giardino varie specie di Hibiscus
di Michelle Kling Hannover
Michelle e’ una donna dall’eleganza raffinata e ha la passione dei fiori e del loro significato. Ne apprezza la bellezza e la delicatezza e le infinite sfumature cromatiche. Nelle forme e composizioni di fiori ama la raffinatezza degli accostamenti e ne parla con grande fascino. 50annieround
Perché un bambino va verso uno sconosciuto ? Perché ha fiducia negli altri.
Perché una grande pianista suona un notturno di Chopin con passione e disinvoltura ? Perché ha fiducia in se stesso , ma anche nei suoi maestri.
Perché uno scrittore presenta un suo manoscritto al suo editore ? Perché ha fiducia in se stesso e nell’incontro.
Perché un imprenditore si lancia in un’avventura ? Perché ha fiducia in se stesso , ma anche nel progetto.
Ma tutti questi eroi, mistici, idealisti, che abbandonano le comodità della vita, per trascorrere un’esistenza diversa, conservano la fiducia fino in fondo all’avversità , hanno fiducia in se stessi o nella vita ?
La fiducia in se stesso, alle volte confusa con i termini di self confidence e o self esteem, è sempre accompagnata da una fiducia in qualche altra cosa , in una realtà più grande, nel proprio savoir faire , negli altri , nella vita .
Queste 3 dimensioni s’intrecciano con proporzioni diverse dell’una o l’altra, preziosi elementi di un’alchimia alle volte impercettibile, complicata ma raggiungibile.
Possiamo aumentare la fiducia con le nostre competenze, il nostro savoir faire, la gestione delle tecniche, ma la vita non si ripete, trova sempre il modo per non rispettare i pronostici, se no non sarebbe la vita.
Una competenza perfetta non basta, mancano 2 facce della fiducia, una dimensione relazionale , (fiducia negli altri) e una dimensione mistica (fiducia nella vita)
E cosi la fiducia non è sicurezza tanto meno arroganza, non è essere sicuri, ma trovare la forza di buttarsi anche nel dubbio.
Storie di miracoli, enormi difficoltà superate, hanno il potere di generare emozioni di assoluta fiducia , in altre occasioni; la fiducia ci permette di calmarci, di guardare le situazioni difficili in modo diverso.
Possiamo collegarci a qualsiasi tipo di situazione , dato che questa fiducia parla al nostro cuore, respiriamo con calma per far sbocciare in noi il fiore della fiducia.
Alla fiducia attaccherei altri 4 petali: la fede, il coraggio e la speranza, l’ottimismo.
L’ALCHIMIA DELLA FIDUCIA di Michelle Kling Hannover amante dei fiori, si circonda di composizioni sempre delicate e ama disegnarle e dipingerle.
Iris, fiore della fiducia disegnato da Michelle Kling
In questi giorni difficili proviamo un senso di limitazione , e spesso tiriamo fuori le nostre paure, le nostre frustrazioni, perché non partire per un ritiro spirituale e usare quello che nessuno ci potrà mai sottrarre, la nostra immaginazione ?
Praticare un esercizio di meditazione, di contemplazione, o una semplice preghiera, in un posto bellissimo di nostra scelta, con un’immagine, è senza dubbio una piacevole abitudine quotidiana anche per pochi istanti.
Vi propongo di scegliere un monastero, anche diverso ogni giorni.
Ma perché ricorrere a questo posto sacro, impregnato di storia ? Vediamo di coglierne l’essenza ….
I monasteri respirano l’immobilità delle loro vite ritirate, vivono con gli ampi movimenti della natura, con le vibrazioni della luce, i flussi del visibile e le pulsazioni dell’invisibile.
Sono all’unisono del fruscio del tempo che attraversano a passi lenti.
La loro atmosfera porta verso un’oasi di silenzio, saggezza e dolce pazzia, preziosi più che mai in questo periodo.
I canti gregoriani sostituiscono le parole, alle volte si tace invece di cantare, il silenzio è ricco di risonanza, crea un’acustica interiore dalle mille sfumature.
I monasteri invitano all’arte di meravigliarsi e alla diffusione di pensieri che in tempi normali non ci verrebbero in mente, seminano pace, lanciano scintille di speranza, e i loro ambienti ci fanno accedere alla bellezza che Dio ha voluto scrivere a mano per tutti noi.
Coltivano l’arte dell’amicizia, della dolcezza con Dio e la terra, gli animali e gli umani, con la vita.
Vivono in sottile intelligenza con ogni cosa, con il tempo che prosegue il suo interminabile cammino, prendono cura del mondo, con lo spazio che respira nei dintorni, e vegliano sulla terra con generosità e costanza.
I monasteri annullano anche il gioco brutale e rumoroso di un mondo saturo di ricchezza e di potere fatto di gloria del possesso, e culto dell’apparenza.
Pazienza, semplicità e benevolenza, sono i valori maestri, che questi luoghi impregnati della storia dell’umanità, ci fanno riscoprire per proporci una nuova distribuzione dei pensieri e accompagnano i nostri cuori verso una luce nuova.
Marcella Angeletti ha inventato tanti cappelli bellissimi per ogni testa e ogni circostanza , ma questa volta ha scelto la “nuance ” di grigio più adatta , per millesimare come fosse un “grand cru” dall’annata memorabile, una sua creazione geniale, dotata di decorazioni bianche dal nastro antracite che ne risalta lo stile.
E sono piume bianche leggere e sinuose agitate dal vento della speranza che si estendono per insistere sul cuore della raccomandazione di saggezza casalinga , a mo’ di slogan calcolato, invito al giusto stile di vita, in questo momento cruciale.
La designer non perde l’occasione per rivisitare un cappellino classico, come se la moda di un accessorio semplice, che ci piacerebbe portare anche in casa per recarci dalla cucina al salotto, fosse trasformato in un’arma di resistenza collettiva, capace di dare forza a tutti .
Andrà bene, finirà presto, quest’idea dà libero corso alla nostra immaginazione, annulla la nostra vulnerabilità, spazza via la paura, cosi da poter di nuovo disegnare un progetto di vita, attivare i nostri sogni per ritrovare una vita ancora più ricca di piacevoli sfumature.
CONSIGLIO FASHION :
E’ un modello che sta bene a tutte e tutti, ve lo consiglio per averlo indossato insieme agli altri invitati, al garden party della Marchesa Sylvia Caradessi del Villar Silenzi, l’anno scorso.
La pantera, simbolo della Maison Cartier e la sua storia
Vi è mai capitato di vedere, almeno in fotografia, una signora elegante che porta a passeggio una pantera ?
La Marchesa Casati, e il regno della pantera
nobildonna stravagante e collezionista d’arte che diventerà un’icona dei surrealisti ne portava due al guinzaglio a Venezia.
Siamo nei primi anni del ‘900 , l’animale è di moda.
Nel 1914, Cartier fa realizzare un dipinto ad acquarello dal pittore Georges Barbier “la dame à la panthère”, che rappresenta una signora elegante con ai suoi piedi una pantera nera come invito a una mostra di gioielli.
Jeanne Toussaint e le sue pantere
Il suo regno comincia rue de la paix nel 1933 , Jeanne Toussaint che conosce molto bene Louis Cartier da dieci anni, è nominata direttrice artistica della famosa maison di Parigi fondata nel 1847, è amica di Mademoiselle Chanel, ha creato per la stilista, una collezione di borse.
Lei non è sposata, Louis Cartier, separato dalla moglie Andrée Caroline Worth nipote del genio della moda del Second Empire, intimidito dalla sua bellezza, è conquistato dal suo gusto, e dal suo intuito femminile .
Lei porta un po’ di colore e di fantasia nel mondo del nipote del fondatore, che è già una leggenda nel campo della gioielleria, amatore di pietre preziose, ha creato lo stile “guirlande”, poi art decò. Il loro legame sentimentale durerà fino alla morte di Louis nel 1942 .
Questa donna indipendente , non proprio demi mondaine ma un po’ emarginata perché ha rifiutato un destino di borghese, è ricca, i divani di casa sua sono ricoperti di pellicce di pantera, avrà sicuramente incrociato la Marchesa Casati Stampa di Soncino .
Nel 1917 è solo cliente, ordina un beauty case e ci fa mettere una pantera appoggiata sul coperchio.
Ci vorranno vent’anni prima che l’animale diventi un’ icona.
IL MOTIVO E IL REGNO DELLA PANTERA
Il motivo della pantera continua ad affermarsi nel corso degli anni nelle creazioni della Maison, le placche che vanno ad impreziosire borsette da sera si allargano e appaiono le macchie dell’animale sui gioielli.
Non è un caso se , nel 1914 e nel 1915 la tecnica di pavage quando si aggiunge l’onice al diamante viene usata per decorare due orologi, evoca il pelo del felino.
Ma come mai il team di orefici è in grado di realizzare felini così realistici?
Uno dei disegnatori della Maison Peter Lemarchand arrivato nel 1927, lavora in stretta collaborazione con Jeanne Toussaint , si reca regolarmente allo zoo di Vincennes per osservare la muscolatura e i movimenti della pantera .
LA DUCHESSA DI WINDSOR
Nel 1947, è una celebrity che contatta la direttrice artistica , la Duchessa di Windsor, moglie di Edoardo VIII, che per lei ha rinunciato al trono d’Inghilterra, e che fa incidere un messaggio d’amore nei regali a Wallis , adora i gioielli al punto che ogni sua mise è studiata per far risaltare un pezzo importante, un modo per mettere a tacere le critiche. Grazie a lei diventa possibile portare gioielli anche di mattina .
Wallis Simpson possiede uno smeraldo cabochon rettangolare di 116,75 carati , diventa una spilla in oro, con una maestosa pantera dal pelo tempestato di macchie in smalto nero seduta sulla gemma.
Un anno dopo la duchessa si reca di nuovo da Cartier, questa volta le due donne si mettono d’accordo per far montare uno zaffiro Kashmir, cabochon di 152,35 carati, grande come una palla di ping pong, la duchessa vuole un’altra pantera interamente coperta di pietre preziose.
Il risultato è strepitoso, questo capolavoro che scelse di portare durante un evento dove era presente la famiglia reale ebbe un significato politico e estetico, fu per lei come una dichiarazione d’indipendenza.
Ordinerà altre due felini, il primo è a forma di bracciale, morbido, si arrotola intorno al polso , la seconda pantera è una spilla , i due modelli sono coperti di onice e diamanti.
Altre signore eleganti s’innamorano presto del felino nato nell’immaginazione di Jeanne Toussaint.
IL SUPERGATTO, la pantera di Jeanne Toussaint
Il Supergatto esercita sempre più fascino sull’alta società.
Dalla messicana Maria Felix, a Daisy Fellowes , mondana e direttrice di Harper’s Bazar , che si fa realizzare il felino nella posizione della pecora, simbolo dell’ordine cavalleresco della Toison d’or, la ricca ereditiera e filantropa Barbara Hutton passando per Nina Dyer, principessa e moglie dell’Aga Khan che nel 1958 commissiona il primo bracciale rigido con 2 teste di pantera in diamanti zaffiri e smeraldi e una broche progettata con elementi che si possono trasformare in orecchini.
L’animale iconico perenne, non finisce d’ispirare i creatori, alle volte è presente sul bracciale di un orologio dove è attaccato o si vede sul quadrante dipinto come una miniatura elegante e colorata. Ma la pantera è anche presente in una preziosa collezione di occhiali .
LA MAISON E IL SIMBOLO DELLA PANTERA
Spesso la Maison crea dei capolavori, nel 2018 fu realizzato un prezioso orologio in edizione limitata, in oro rosa e diamanti, sul quadrante, a ogni movimento del polso si riversa una pioggia di sfere d’oro lasciando apparire una testa di pantera , è derivato dalla tecnica antica della clessidra e frutto di 5 anni di lavoro.
Ma per segnare l’ingresso nel XXI esimo secolo, nel 2014, viene creato una forma stilizzata, sfaccettata della pantera che ritroviamo in eleganti anelli e bracciali .
E’ quello che i curatori della mostra fotografica a Milano, aperta in via Gesù, hanno voluto rappresentare con un modello fosforescente, strutturato in una mega statua dell’animale esotico.
Il visitatore è subito colpito all’ingresso da questo modello tridimensionale, maestosamente futuristico, che si stacca dal fondo rosso tradizionale della famosa Maison.
Quella che nella mitologia greca allattò Dioniso, portatrice di luce e nel medioevo, guardiana del mistero, simbolo di coraggio valore e potere ha sempre rappresentato la femminilità in tutti i suoi aspetti.
E se la donna è un enigma di cui non si ha la chiave, il panorama mediatico ha contribuito a diffondere questo mito.
Non solo nella gioielleria, ma anche nella moda, da Versace a Krizia ( chiamata la pantera del made in Italy), a Dolce e Gabbana, passando per Gucci e Cavalli, l’identità della donna e il suo stile sono strettamente connessi.
Sul catwalk, nella sua definizione felina, non finiremo mai di vedere sfilare la donna pantera , sinuosa, dal look animalier, che si distingue e combatte per i propri ideali.
LA MIA ELEGANZA : UNA FORMA DI APERTURA DELL’ANIMA.
di Michelle Kling Hannover
In un mondo di perpetuo cambiamento, folle e supersonico, l’eleganza può costituire una soluzione per sentirsi più sicuri.
L’elegante porta in se la propria stabilità, in ambienti dove è sempre più complicato superare la fragilità che alle volte deriva da aspetti poco soddisfacenti della propria vita .
Per proteggerci, basta mettere il pilota automatico, mantenere una rotta e una velocità costante, da poter modificare in qualsiasi momento se compaiono elementi nuovi .
Volendo superare il mitico concetto di Mademoiselle Chanel, ” La semplicità è la nota fondamentale di ogni vera eleganza”, forse la storia ci può aiutare a chiarire questa nozione soggettiva che varia con le diverse epoche .
Fino al ‘600 si parla di eleganza degli oggetti, in quel periodo è ancora associato al modo di muoversi e di comportarsi , quello che Saint Simon chiamava “il non so che ”
Siamo ancora nell’era delle leggi sontuarie che rendevano obbligatorio mettere un determinato costume secondo il proprio ceto sociale di appartenenza.
La rivoluzione francese , permette una libertà di ogni genere, e consente di trasgredire , Les incroyables e le merveilleuses ne sono l’esempio stilistico.
Dopo Lord Brummel e i dandy , bisogna aspettare l’800 con “il trattato della vita elegante” di Balzac, per cominciare a vedere l’aspetto fisico nell’eleganza.
Oggi quello che si vede all’esterno, deve rivelare tutto, ma non basta, perché questa stessa attenzione ai dettagli, deve essere tinta di disinvoltura, è cosi che nasce il termine “cool”. Il colore di una scarpa , l’outfit insolito di una tennista, o una clutch particolarmente originale catturano la nostra attenzione con la densità dell’apparenza, che permette a quelli che guardano di proiettarsi in attori o sportivi e imitarli. Non si vive più senza corsi di portamento , bonton , etiquette , strategia comportamentale, gli influencer hanno sostituito i blogger !
E cosi che il celebrity marketing diventa una manovra mediatica per imporre, attraverso l’immagine dominante, lo stile di un VIP, senza verificare se corrisponde veramente alla sua personalità.
Purtroppo il flusso informatico ha sostituito il flusso energetico, la parola d’ordine è sfoggiare , ostentare, con la massima libertà di scelta, senza una minima parte di mistero poetico che l’eleganza dovrebbe veicolare.
Questa possibilità di poter scegliere sempre, alle volte destabilizzante, raggiunge il significato etimologico della parola elegantia derivata da elegans, che sa scegliere, ex ligere, arriviamo cosi a nozioni di disponibilità mentale.
L’elegante, se è di alto livello, è quello che sa decidere se e come far passare un messaggio e far scoprire, a chi ne troverà la chiave, qualche aspetto del suo giardino segreto.
Scelta spontanea, poco calcolata per quadrare con i principi della sua personalità ma che passa per i meandri della seduzione.
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