“SOTTO LO SCHIAFFO”. HO CHIESTO AIUTO E LO STO RICEVENDO
Giravo su Fb per capire come potevo promuovere il mio blog appena nato e chiedevo l’amicizia ad amici di amici e tra loro Flavio ha risposto all’amicizia con una frase carina, sentita, non asettica come spesso succede. Così abbiamo iniziato a scriverci, a scambiare opinioni e a confrontarci.
Mi ha raccontato di lui, gli ho raccontato di me e della lunga e conflittuale separazione che ancora mi fa frequentare il Tribunale di Milano dopo ormai 15 anni.
15 anni di lotte, di continui ricatti, di mancati mantenimenti, di sfratto perché pur con una sentenza di un giudice che impone degli obblighi, gli ex mariti se le inventano tutte per tenerti “sotto lo schiaffo”, per ricattarti, per farti dipendere da lui, per comandarti ancora, per renderti una nullità ancora….Ti allontani dalla sofferenza quotidiana, ma e’ solo una questione di distanza, le violenze ci sono comunque, REITERATE E CONTINUE.
Quella sensazione di essere controllata, quella situazione in cui se non sei accondiscendente non ti passa i soldi, quella precarietà per cui un giorno ti tagliano la luce e il giorno dopo ti trovi le gomme della macchina squarciate e poi il vetro del cruscotto rotto, e poi le fiancate incise con i chiodi perché hai lasciato la macchina parcheggiata fuori e non l’hai ricoverata in garage, come lui vorrebbe. Nonostante il giudice gli abbia imposto il pagamento dell’affitto della casa coniugale e le utenze sei sempre “sotto lo schiaffo”…il suo.
Evidentemente non ha un tubo da fare tutto il giorno per farmi seguire o seguirmi lui stesso.
Ricordo che appena separata avevo paura a rientrare col buio e quando uscivo dalla macchina prendevo il bloster per sentirmi un po’ difesa. Per quasi un anno la sera camminavo con questo attrezzo in mano.
Quando mi sono separata i miei figli erano bambini, hanno fatto in tempo a diventare maggiorenni entrambi vivendo tutti i conflitti di 15 anni di lotte in cui do la colpa più grande della nostra attuale situazione, principalmente, ai giudici, al tribunale, alle incompetenze, alle leggi non rispettate, ai tempi biblici per una querela, una denuncia, una sentenza o un’archiviazione.
Quando si fa una denuncia per maltrattamenti, non parliamo poi, per violenza psicologica ( dove si rischia addirittura di essere presi per pazzi, oltre a non trovare ascolto), di solito viene proposta l’archiviazione perché sono considerati reati minori, allora ti opponi all’archiviazione e si riapre il procedimento. Tu fornisci la tua memoria, lui la sua, si depositano, si aspetta che venga comunicata una data di udienza……passano anni….si fa in tempo a morire.
Considero il tribunale colpevole di tutta una situazione allucinante. Giudici incompetenti, seduti dietro la scrivania solo per prendere uno stipendio da capogiro, e tu gli metti in mano la tua vita e quella dei tuoi figli e se ne fregano. Alle 13, dopo 4,5 udienze sono anche stanchi per cui se capiti di primo pomeriggio sono scorbutici perché, magari, hanno un lauto pranzo sullo stomaco, e tu sei li’ in attesa e magari neanche un bicchiere d’acqua hai bevuto tutta la mattinata.
Flavio, a sentire tutto questo e altro ancora, mi ha invitata ad un convegno contro la violenza sulle donne.
Erano anni che cercavo qualcosa del genere per capire se potevo essere di supporto.
Per anni ho cercato associazioni a cui dare il mio contributo sull’esperienza vissuta. Sono passata in mezzo al tunnel nero e ancora non vedo la luce in fondo, ma di sicuro mi sono fortificata, ho cresciuto 2 figli da sola, mi sono mantenuta e ho mantenuto loro, e ormai conosco la dinamica delle violenze psicologiche.
Mi sono separata dopo 16 anni di matrimonio più 10 di fidanzamento. Mentre vivevo quegli anni, benché mi rendessi conto delle violenze, mortificazioni, discussioni aggressive che sfociavano in schiaffi e strattonamenti, parolacce , ricatti, repressioni, non realizzavo veramente che l’amore era altrove. Era l’uomo con cui ho fatto due figli, non riuscivo a capacitarmi che era un rapporto sbagliato. Nonostante tutte le sofferenze dopo, le violenze ancora più subdole dopo, solo dopo ho capito che era l’uomo sbagliato, che le avvisaglie c’erano anche prima, che gli obiettivi per una vita insieme erano diametralmente opposte, che era un violento, egoista, maschilista che continua a farci del male con subdola meschinità machiavellica contro la quale non ho gli strumenti mentali per contrastarlo.
Allora bisogna necessariamente chiedere aiuto.
Così Flavio mi porta al convegno dove assisto ad una serata i cui sentimenti erano difficili da interpretare. C’era di tutto nel cuore e nella testa, ricordi dolorosi, minacce, ricatti, rivincite, la libertà che ho oggi a cui non rinuncerei per niente al mondo, il meraviglioso rapporto con i miei figli, sudato, conquistato, costruito con 1000 difficoltà.
Al Convegno conosco Bo Guerreschi. E’ una donna minuta, con occhi giganti bellissimi e profondi. E’ il presidente dell’associazione Bon’t Worry. Sulle sue spalle c’e’ una storia simile alla mia, con la differenza che il marito l’ha fatta picchiare quasi fino ad ucciderla. Dopo il pestaggio, dopo la guarigione, solo quella esterna, ha deciso di aiutare altre donne vittime di violenza e ha iniziato a costruire un team di professionisti a supporto di donne che subiscono violenza.
Al convegno c’era anche Shanna Damien, americana, rappresentante in America dell’associazione, che ha voluto portare la sua testimonianza. Sua nipote separata e’ stata uccisa dal convivente che poi ha abusato della figlioletta e ha ucciso anche lei e poi le ha bruciate.
Tutto ciò e’ successo a settembre, il convegno era il 25 novembre. Avrei voluto registrare la voce di Shanna per poter comunicare la forza di questa donna, annientata dallo shock e dal dolore per quanto accaduto a sua nipote e la piccolina e la volontà di essere presente per infondere ad altre donne coraggio e forza.
I segnali si vedono, bisogna chiedere aiuto subito. La violenza in casa e’ la più subdola per i legami che ci sono e per un senso di appartenenza all’altro, perché si crede di amare ed invece e’ sottomissione.
Perché si ha paura di reagire, perché non si e’ economicamente indipendenti, perché si ha paura di ammettere che si e’ fatta una scelta sbagliata, perché ci si vergogna.
Sono andata al convegno con l’intento di essere un supporto e poi mi son ritrovata a chiedere aiuto perché la mia situazione e’ in stallo, perché il mio ex marito ci sta mandando in mezzo ad una strada, perché i miei figli son diventati vittime dei suoi soprusi e ricatti e offese.
Non bisogna aver paura di chiedere aiuto, ci sono molte donne che subiscono, qualcuna si ribella e molla il colpo, qualcuna soccombe, qualcuna e’ incastrata e non sa come uscirne.
Scrivo la mia storia, e mi riprometto di continuare a raccontarla, aggiungere episodi, sottolineare la profonda sofferenza, le conseguenze, la vita faticosa e segnata inevitabilmente, per far capire ad altre donne che non sono sole.
Se riuscissero a parlare, confidarsi e fidarsi di un consiglio di chi ci e’ passata , potrebbero rafforzarsi per capire, prevedere, scappare.
Attenzione ai segnali. Chi e’ in grado, perché ne ha la forza, intervenga per difendere altre donne più fragili.
Io ho chiesto aiuto, nonostante mi senta più che forte, ma non lo sono in tutto e per tutto, e sono troppi anni che lotto.
Sto ricevendo aiuto da Bon’t Worry e da tutto il suo team.
Foto in evidenza di Joy Hope Rule ©
L’associazione BON’T WORRY ONLUS in 4 mesi fino ad oggi ha lavorato con circa 30 casi di donne che hanno deciso di uscire allo scoperto e parlare
Il sito di Bon’t Worry e la pagina FB – NOI POSSIAMO
Bo Guerreschi