JACOPO, UN BAMBINO IPERATTIVO
Primo giorno di scuola, mentre attendevamo l’apertura del portone , Jacopo si era arrampicato su un palo della luce; invece gli altri bambini aspettavano con emozione il loro primo ingresso alla scuola elementare, perché erano diventati grandi.
Una signora mi si avvicina con un sorriso sulle labbra, l’aria un po’ sorniona, un sopracciglio leggermente alzato. Mi chiede se quel bambino biondo era mio figlio. Io annuisco con aria da povera mamma stanca, orgogliosa ma provata dall’esuberanza del bambino.
Lei mi dice: “ Mi ricorda tanto mio figlio, gli faccia fare tanto sport. Li provi tutti finché non trova quello che gli piace. E’ l’unico modo per sopravvivere!!!!!!”
Decisamente mi ha un po’ scossa quella frase, ma indubbiamente mi ha indotta ad una lunga riflessione. In effetti Jacopo era un bambino molto impegnativo, esuberante e di una vivacità fuori dal comune. Sembrava caricato a molle per la maggior parte della giornata; salvo poi crollare con la testa nel piatto, a cena.
Sarebbe andato con chiunque gli avesse teso la mano. Era talmente entusiasta di qualsiasi cosa che non vedeva alcun pericolo, non prevedeva nessun tranello. Erano più le volte che aveva lividi ovunque, che fosse tutto intero.
Appena e’ stato possibile iscriverlo da qualche parte ha iniziato a praticare tutti gli sport che la scuola offriva, o i campi estivi, o l’oratorio. Così Jacopo ha fatto tennis, sci, calcio, snowboard, scherma, atletica, roller , nuoto, skimboard e via dicendo.
Davvero il pericolo non gli creava nessun problema.
Rispetto ad altri bambini che mostravano timore per tutto, lui non aveva paura di niente. Come madre avevo sviluppato il 6° senso, il 7° e anche l’8°.
Se lo sentivo muoversi, anche essendo distante da lui, ero tranquilla. Il silenzio invece, l’assenza di movimento prevenivano il danno.
Il corso di sub fatto a 7 anni e’ stato davvero esilarante. L’unico sport a metterlo in difficoltà. Il gav, le bombole, le pinne, i pesi lo facevano sentire come in una gabbia e , la prima discesa in acqua con l’attrezzatura, mi ha fatto tanto ridere. Sembrava un castorino a pancia all’aria, con lo sguardo terrorizzato e implorante di togliergli tutto e lasciarlo andar via. Così il corso di sub e’ durato meno di niente. Esperimento fallito.
In tutto ciò constatavo che il consiglio di quella signora, il primo giorno di scuola, aveva i suoi effetti perché quando Jacopo faceva sport, qualsiasi esso fosse, era molto più tranquillo e sereno in tutte le sue esuberanti 24 ore.
Dopo tutti gli sport, compreso baseball, finalmente giunge l’Illuminazione.
Arriva “sugli schermi” della Playstation un gioco del professionista skateboarder Tony Hawk che Jacopo chiese per Natale, e poi ne chiese un altro per il compleanno e poi ancora . Passava ore a giocare, ma soprattutto a vedere al rallenty le evoluzioni e a leggere i nomi (complicatissimi) dei tricks.
Giunge l’estate e chiede in regalo una tavola da skate. Ne presi una scadente, trovata in un negozio di giocattoli, dicendogli di usarla fino a romperla.
Dopo quella tavola ne sono state acquistate tante altre, così come sono aumentati i lividi e le corse in pronto soccorso. Le successive tavole erano sempre piu’ professionali, le corse in ospedale sempre piu’ dolorose.
Oggi le tavole gliele regalano, così le scarpe, così i biglietti aerei per S. Francisco, Parigi, Melbourne per partecipare alle gare più importanti. Oggi Jacopo e’ l’unico skater europeo nel team di Andrew Reynolds, famoso in tutto il mondo per la storia dello skateoarding e il suo brand.
Come mamma sono stata tanto criticata di assecondare uno sport così pericoloso a soli 10 anni; come bambino anche Jacopo era spesso criticato perché era diverso dagli altri ed era uno spirito libero.
Questo sport, bellissimo, incredibilmente duro, non ha scuola. S’impara per strada. I più grandi e più esperti insegnano ai più piccoli.
S’impara cadendo, facendosi male e senza lamentarsi. Lo skateboarding e’ una filosofia di vita; è una attività fisica e mentale individuale dove il singolo decide di condividere liberamente tempo e spazio con gli altri. S’ impara insieme, si cresce insieme e si capiscono anche le regole di rispetto e solidarietà. Si raggiunge un equilibrio fisico e mentale, concentrazione e serenità interiore.
Se c’e’ un atleta in pista, si aspetta che si fermi prima che un altro parta. Per un’evoluzione complessa si chiede spazio agli altri che si fermano e lasciano campo libero per sperimentare. Ottenendo un’evoluzione corretta, difficile, dopo tanti tentativi falliti, tutti applaudono, tutti gioiscono, tutti vanno a complimentarsi.
E’ uno sport che all’estero e’ molto valutato, tanto che ci sono strutture di ogni genere e skatepark coperti e scoperti; ci sono scuole dove bimbi di 6 anni possono frequentare e imparare con istruttori specializzati.
In Italia e’ arrivato tra gli anni ’70-’80 direttamente dalla California e dopo svariati alti e bassi, sembra che oggi viva un periodo positivo. Si iniziano a vedere nuove strutture, contest sempre più organizzati e pubblicizzati …..
perché lo skateboarding è troppo eccitante per lasciarlo sfumare!
50anni&round promuove lo skateboarding a gran voce, la sua filosofia fuori dagli schemi e regole e anche la street art che lo circonda, ma ancor di più i fotografi, ex skaters, che ne hanno fatto la loro professione e la loro arte.
JACOPO, UN BAMBINO IPERATTIVO
Jacopo oggi
Alcune foto inserite nell’articolo sono coperte da coyright
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Splendido articolo Patrizia, e tutti i miei complimenti emozionati e ammirati per il suo coraggio di madre che invece di “proteggere” suo figlio ha avuto fiducia in lui senza lasciarlo solo e lo ha accompagnato in ogni passaggio facendo il tifo per lui, comunque, senza discussioni né condizionali.
Bravissima, bravissimi, siete degli esempi da custodire e su cui riflettere ogni giorno, grazie, davvero grazie
Maria Cristina
Grazie di questo meraviglioso commento che mi ripaga ampiamente di tutte le difficoltà affrontate affinchè fosse un bambino libero di potersi esprimere seconda la sua natura.